Riprendiamo la pubblicazione di questa interessante Tesi di Stefania Terroni. Parliamo qui di territorio e popolazione.

 

2.1 Territorio e popolazione.
Borgotaro e il suo Circondano sono situati lungo la valle del fiume Taro il quale nasce dal monte Penna, che si trova al confine con la Liguria, e sfocia nel Po nei pressi di Roccabianca, ricevendo a Fornovo le acque dell’affluente maggiore, il Ceno.
Il territorio Valtarese è prevalentemente montuoso: l’elevatezza del fondo della vallata, sui livello del mare, varia da 300 a 600 metri; l’altezza delle catene che lo cingono può calcolarsi da 800 a circa 1500 metri.
11 monte che sovrasta e domina la cittadina è il Molinatico, situato ad est, tra la vai di Taro e la vai di Magra, in Toscana.
Il clima è piuttosto mite, perchè risente l’influenza dei venti marini, data la vicinanza con la Liguria.
Nei fianchi della valle, oltre all’estensione di boschi e terreni coltivi, sono site piccole frazioni che ebbero influenza attiva e decisiva per l’economia e lo sviluppo di quest’area; sono: Porcigatone, Brunelli, Caffafaccia, S.Pietro, S.Mantino, Ostia, Tiedoli, Belforte, Baselica, Pontolo, Vaidena, S.Vincenzo e Rovinagiia.
Ora questi “villaggi”, un tempo molto popolati, sono abitati esclusivamente da poche persone anziane, perchè i giovani si sono trasferiti in altri centri che offrono maggior possibilità di lavoro.
Per la posizione geografica di confine del territorio, la popolazione ha integrato nel tempo diverse tradizioni e culture e le ha conservate gelosamente fino ai giorni nostri, dimostrando di appartenere ad una comunità che ha sentito e sente i valori della storia locale, ma che da sempre desidera aprirsi e spaziare nel mondo, per arricchirsi culturalmente ed economicamente.


2.2 La logica distributiva spaziale.

Borgotaro e il suo Circondano rimasero per lungo tempo privi di comunicazioni indispensabili a dare impulso a quella rivoluzione economico-sociale e, soprattutto, industriale che aveva ormai investito larga parte del nord d’Italia.
Nonostante la carenza di strade carreggiabili, si sviluppò un’attivitè economica legata all’agricoltura, unica risorsa disponibile.
La popolazione sentiva profondamente il senso dell’economico; l’intraprendenza e la fervida volontà di sfruttare al massimo lo spazio agricolo riuscirono a superare faticosamente gli ostacoli legati alla produzione di sussistenza ed a mutare, seppur lentamente, il modo di proporsi al territorio.
La maggior parte degli abitanti viveva nella zona periferica, che era in stretto contatto con il centro, dove risiedevano coloro che praticavano attività di artigianato e di “compravendita”.
E’ facile comprendere come il centro dipendesse totalmente dalle risorse periferiche. Borgotaro, essendo così isolato, doveva produrre la maggior parte dei beni che servivano alla vita del paese; era una regione agricola strutturata in modo quasi analogo allo “Stato isolato” ideato da von Thùnen , il quale affermava l’importanza e l’incidenza del costo di trasporto sul costo/ricavo/profitto.
Si veniva così a creare uno stretto rapporto d’interrelazione tra il tipo di utilizzo del suolo e l’intensità di produzione agricola; un rapporto variabile che condizionava le scelte operative di ogni agricoltore, in funzione diretta alla distanza fra i luoghi della produzione e il centro (unico mercato).
La distanza diventava un costo aggiuntivo che si sommava al costo di produzione e tendeva a ridurre il guadagno.
Gli agricoltori valtaresi, perciò, operavano scelte che rispondevano sempre a motivazioni di ordine economico; volendo minimizzare i costi totali, tendevano ad agire sulla distanza del mercato, localizzando opportunamente le colture nelle varie fasce, in modo che quelle a maggior costo di produzione venissero situate nell’area più vicina al mercato, mentre quelle a minor costo di produzione, per le quali non erano indispensabili le continue operazioni colturali, occupassero le aree più distanti dal centro.
L’agricoltore, per ogni singolo prodotto ottenuto e venduto al mercato urbano, percepiva un certo utile, ma nello stesso tempo doveva sopportare costi di produzione e di trasporto (l’impiego di animali da trazione e vari pedaggi) sempre variabili, perchè appunto rapportati alla distanza dal mercato.
La coltivazione del prodotto in questione era conveniente sino a che la distanza dal mercato rendeva nullo il reddito (Rµ=O); fatto che si verificava quando la somma dei costi eguagliava l’ammontare del valore della produzione, ossia quando:
Pµ=Cµ+ tµ qµ dµ
Quando l’incidenza di d superava un certo valore metrico, corrispondente alla massima distanza di convenienza economica del trasporto, rendeva negativo il reddito percettibile (Pµ< Cµ + tµ qµ d) e la coltura non veniva più attivata, poiché non economica.
Analogamente a quanto affermava von Thünen, la cintura agricola di contorno al centro veniva a configurarsi come un insieme di luoghi della produzione, armonizzati rispetto ai costi dei beni agricoli ed alla loro distanza dal mercato, che era motivato dalle scelte decisionali degli agricoltori.
Si veniva a formare un insieme di luoghi distinti per aree di convenienza per le diverse colture, le quali tendevano a concentrarsi in modo da formare degli anelli concentrici. L’ultimo di questi anelli era lasciato ad incolto improduttivo, perchè non ammetteva alcuna coltivazione economicamente utile per l’eccessiva distanza dal mercato., Inoltre l’ampiezza ditali anelli o fasce veniva determinata sulla base del costo-convenienza e sulla disponibilità e morfologia del territorio.

2.3 L’organizzazione dello spazio agricolo
Su teorie economiche, dedotte dall’esperienza agricola e dalla conoscenza dell’ambiente sotto l’aspetto fisico e climatico, la popolazione valtarese razionalizzò il proprio territorio mediante la suddivisione in tre fasce di coltivazioni, in ognuna delle quali manifestò un diverso modo di percepire e gestire lo spazio.
Intorno al paese si trovava la prima fascia, nella quale la coltivazione era intensiva e massima la produzione. Era la zona dei vigneti, dei gelsi, del granoturco, del frumento, dei prati, dei legumi e degli alberi da frutto. Vi erano campi spesso frammisti a boschi di querce ghiandifere o a castagneti produttivi ed anche a larghe estensioni di suolo incolto, dedicato al pascolo, perchè o franoso o non riducibile a coltivazione. Qui si addensava la massima parte della popolazione agricola, abitante in case sparse. Questo anello era il maggiore proprio per la vicinanza al centro e per la conformazione piuttosto pianeggiante dei terreni.
Borgotaro – Panorama


Fig. 8 – Panorama di Borgotaro in cui sono visibili le case sparse del Circondano.

La seconda fascia era quella dei castagneti, talvolta intercalata da prati o da terre coltivate a patate. Questa zona era discretamente produttiva sotto l’aspetto della spesa minima occorrente per la raccolta e per l’essiccazione delle castagne, che si operava in autunno sul luogo in appositi seccatoi, dove si recava ad abitare per circa quaranta-cinquanta giorni parte della popolazione agricola.
Dal limite superiore di questa zona, salendo i monti fino alle vette, vi era la terra coperta prima da noccioli, poi da boschi di faggio e da prati di magrissima produzione, utilizzati esclusivamente per il pascolo.
Le conoscenze agricole erano davvero scarse e non vi furono leggi che regolamentassero l’utilizzo dei boschi, in tal modo questi erano lasciati alla completa libertà dell’azione umana.
Si deve considerare che ogni intervento non era mirato alla salvaguardia del territorio, ma alla semplice necessità di vita degli uomini.
Anche nella seconda zona, detta dei castagni, oltre i seccatoi, si trovavano case coloniche rare, perdute nei boschi ed attorniate da pochi terreni coltivi.
Qualche fabbricato era anche nella terza fascia, detta dei faggi, dove vivevano gli sfruttatori dei beni comunali.
La popolazione agricola di Pontolo, di Baselica, di Valdena e di Rovinaglia, frazioni site nella prima e nella seconda zona del Comune di Borgotaro, trasmigrava, durante la buona stagione, da maggio a novembre, in quella del faggio con animali ed attrezzi e vi rimaneva intenta alla pastorizia, alla raccolta dei fieni, alla coltivazione della segala e delle patate
Le abitazioni erano piccole capanne coperte di paglia e generalmente raccolte ad agglomerati a modo di villaggi; queste località si denominavano volgarmente caselle e venivano abbandonate al sopraggiungere delle prime nevicate.
Il lavoro dell’uomo era diretto non tanto all’incremento della produzione, ma limitato alla semplice raccolta o al materiale sfruttamento, eccetto qualche rara cura ai castagni, come l’innesto e la costruzione di muriccioli circolari intorno alle piante per trattenervi il suolo corroso dalle acque piovane.