I teatranti

Uno dei tanti motivi per cui i sanrocchini passano il ponte , oggi come ieri, è il piacere di assistere a spettacoli  che vengono rappresentati nelle sale cinematografiche del signor Tonelli, , o allestiti nelle piazze e piazzali del centro storico ( circhi equestri, giostre, ecc.) L’interessante racconto del nostro amico Silvano, si riferisce ad uno spettacolo dei primi anni ’50 che penso molti dei nostri lettori ricorderanno…….

Alla destra della chiesa di Sant’Antonino, vi erano i ruderi di un antico castello che, con quello di Compiano, di Solignano, di Varano di Melegari e la fortezza di Bardi, faceva parte del sistema difensivo del principato dei Landi che durò oltre quattro secoli. Non era possibile il recupero della struttura o forse mancavano i soldi per poterlo recuperare o era più facile abbattere che ristrutturare,  dato che la cultura della memoria non aveva molto albergo in quel tempo. Ma la ragione prima, forse, era perchè vi erano  priorità più urgenti.
Di fianco ai ruderi del  castello, c’ era un largo piazzale che veniva di volta in volta, utilizzato da circhi o giostre alla varie feste della valle ed in particolare alla festa della Madonna del Carmine. In un giorno d’estate del 1952, il piazzale venne occupato da diversi carrozzoni di teatranti girovaghi. Era una compagnia di attori meridionali che girava l’Italia portando in scena commedie varie. Non c’era tendone: tutto era all’aperto e se pioveva, non c’era rappresentazione.
Mentre alcune persone erano adibite a montare la struttura teatrale, altre andavano in giro per il paese a far propaganda per gli spettacoli che sarebbero stati rappresentati nel far di pochi giorni. Montarono una impalcatura a semicerchio  su tre livelli e per sedili  assi di legno e, in “platea”,  avevano steso diverse fila di sedie. C’era posto per circa 200 persone. Il palco dove recitavano gli attori era ricavato tra due carrozzoni, uno dei quali fungeva da camerino per il cambio di custume dei teatranti. 
Benchè la guerra fosse finita da alcuni anni, le paure e le angosce non erano del tutto scomparse nelle genti della valle. Chi ancora sperava nel ritorno del figlio o del marito disperso chissà dove e chi cercava di dimenticare quello che aveva passato. Molte persone erano fragili emotivamente e bastava un nonnulla perchè la commozione prendesse il sopravvento ed in special modo in occasione di un certo tipo di rappresentazioni, come quando fu proiettato al cinema Farnese il film “I Figli di Nessuno”, drammone sentimentale con lei, lui e l’altro: lei onestissima, lui orgoglioso, l’altro carogna. Calunnia, condanna, sofferenza e infine trionfo della verità. Andavano di moda, a quei tempi, drammoni simili (Catene, Tormento); immaginate il pubblico vociante nei cinema di allora, i singhiozzi, la partecipazione emotiva agli avvenimenti sullo schermo. La scena in cui un reduce di guerra (era recitato, credo, da Beniamino Gigli) tornando dalla prigionia chiede un passaggio  ad un autista che guida un camioncino ed una volta sedutosi sul cassone inizia a cantare “Mamma”, (Mamma son tanto felice, perchè ritorna da te………) la commozione ebbe il sopravvento:  tutte, ma proprio tutte, le persone presenti nel cinema, che era strapieno, cominciarono a piangere, a tirar su e soffiarsi il naso.  Il pianto andò avanti per tutta la durata del film.   
Il dramma presentato dai “Teatranti” nello spiazzo del Castello la prima sera di recita fu “le due Orfanelle”, ma prima dell’inizio dello spettacolo e per  tutti gli spettacoli a seguire, c’era un risvolto commerciale (consigli per gli acquisti, direbbe qualcuno). Oltre al biglietto di entrata di qualche centinaia  di lire,  militari e ragazzi  ridotto, i teatranti avevano organizzato una lotteria per tutte le serate in cui recitavano. In palio c’era una bellissima bambola, alta circa 50 cm, con un vestito favoloso fatto di tulle e pizzo. Tutte le ragazze e non solo loro, erano affascinate da quelle bambole ed ogni sera ce ne era una in palio. Erano bambole veramente belle e credo che qualcuna  faccia bella mostra di sè in qualche famiglia del paese.
Erano cento i biglietti da vendere, costavano 200  lire l’uno, se ricordo bene, e sino a che questi non erano tutti venduti, lo spettacolo non iniziava e a volte anche con oltre mezz’ora di ritardo perchè dipendeva dalla loro vendita, più o meno rapida e non appena venduti, ne veniva fatta l’estrazione, la bambola veniva aggiudicata e poteva così cominciare lo spettacolo. La bambola si ritirava alla fine.
Le due Orfanelle: Tratto da un dramma teatrale di metà 800, è la dolorosa storia di due sorelle orfane che, giunte a Parigi verso la fine del 1700, tiranneggiate e sfruttate da una donna alla quale prestavano servizio, vengono separate. Si ritrovano, rischiano la ghigliottina, sono salvate  grazie alla rivoluzione francese.
Anche qui, come nel  film “I Figli di Nessuno” ci sono situazioni di fortissimo impatto emotivo;  di conseguenza si piangeva, oh come si piangeva,  e non fini lì! Le due Orfanelle fu rappresentato per una settimana circa e sempre con il pienone. 
Un altro spettacolo presentato fu “La cieca di Sorrento”. Altro drammone fatto per far piangere: un paio di delinquenti uccidono una nobildonna per derubarla dei gioielli. Una bambina, che dormiva accanto alla nobildonna, per la terribile impressione, diviene cieca. Quindici anni dopo, il figlio di uno dei delinquenti, che grazie al ricavato della rapina fatta dal padre, studia e diventa medico famoso,  propone alla famiglia della nobile uccisa, di risanare la cieca in cambio della sua mano. Il giorno delle nozze, il padre della cieca, s’accorge che l’anello donato alla figlia dal medico, non è altro che l’anello trafugato a sua moglie quindici anni prima. 
Insomma: in ambedue gli spettacoli c’era amore, gelosia, passione, odio, tradimento, pentimento, redenzione e chi più ne ha più ne metta! Un bel calderone di sentimenti, da far piangere anche i sassi!Furono recitate altre commedie ma non ricordo i titoli; forse perchè non si piangeva a sufficienza come le commedie precedenti. Rimasero comunque per una ventina di giorni. Ad essere  maliziosi si potrebbe pensare che siano rimasti  finchè avevano bambole da vendere.
I teatranti se ne andarono, non tornarono più.  Per diverso tempo  non si parlò d’altro. Era un modo come un altro per scacciare  paure ed  angosce.

Silvano Ottonari