Terza parte per questi avvincenti ricordi della Resistenza. In questa "puntata" Adelio ci racconta il periodo compreso tra il settembre 1944 e il gennaio del 1945.

 

 

 

Settembre—Ottobre 1944

Dopo l’attacco al casello ferroviario della “Maccagnana’ (ricordò Rosetta Solari, “Rosolino” ed altri) che fruttò una decina i prigionieri
tedeschi, mi riportai in località S.Pietro di Borgotaro .

Da questa località, al comando di un distaccamento forte di circa. 50 partigiani fra i quali ricordo Mario Gasparini (Fioretto), Ninetto Cofrini, Piscina Antonio, Delnevo Athos, Enzo Mussi, “Befana” “ Zena” Mariani Mario “Stufa”, “Rospo”, “Caldaia”, “Orso”, “ Napoli”’ Mario Feci ‘Birillo”, Anselmo Nuti, Piero Bocci, Bozzia Pellegrino, Zolli, Ruggeri Mari o “Ciacco”, “Leporino”, “Leone”, “Zeffiro” ed altri ancora, decisi di andare verso la pianura e prendemmo stanze nel Castello di Corniglio nel versante di Solignano.
Dopo un attacco per rifornirci di viveri presso Vianino, ci recammo io e il Moretto al Comando Unico per informarlo della nostra dislocazione
e quindi, rientro a Corniglio, ripartii con tutto il distaccamento per Valmozzola.

Ricordo. che ci fermammo presso le scuole di Valmozzola e da quella località stabilimmo il piano d’attacco contro il presidio nazifascista della stazione ferroviarie di Valmozzola.
Una pattuglia avrebbe dovuto con un fucile mitragliatore difenderci a eventuali attacchi provenienti da Berceto appostandosi sulla galleria, un’altra squadra, avrebbe dovuto assestarsi versò il ponte sovrastante il torrente Mozzola ed infine, assicurata la coperture, il rimanente delle forze avrebbe dovuto attaccare direttamente la stazione ed il casello ferroviario.

Sembrava tutto predisposto e l’attacco cominciò. In coincidenza o quasi dell’azione, aerei alleati attaccarono la stazione mettendo così in guardia i il nemico che si trincerò nelle cantine.
Ci fu di valido aiuto l’operato della squadre di sabotatori composta fra gli altri da “Napoli” e da Calzolari “Dado”.

Dopo un cruento, rabbioso attacco anche a bombe a mano i nazifascisti si arresero.

Non ricordo più quanti morti il nemico lasciò sul terreno ma so che i prigionieri fatti assommarono ad una decina.

Da parte nostra a fine combattimento, in seguito all’ attacco dei tedeschi provenienti da Berceto,
mentre ci ritiravamo nella nostra zona, fu ferito Athos .Delnevo e l’Avv. Scaffardi che si era unito e noi.

Rastrellamento Inverno 1944-45

Dopo la battaglia di Valmozzola (ottobre 44) non ricordo più con precisione i fatti d’arme da me vissuti.
Sta certo un fatto che in dicembre 44 e gennaio 45 mi trovavo in Val di Ceno e lo ricordo come se fossero passati pochi mesi in quanto i fatti accaduti resteranno scolpiti a lungo nella mia memoria e nel mio cuore.

Forse quel periodo per chi l’abbia vissuto e sofferto è il periodo più doloroso di tutte la resistenza del nostro Appennino.
Mi riferisco al sanguinoso rastrellamento invernale.

Ricordo di essere stato vicino, di aver sperato, lottato e sofferto assieme a quel magnifico partigiano Borgotarese che porta il nome di Primo Brindani (Libero) allora, in quel periodo , Ispettore del Comando Unico.
Ci incontrammo non so come ed assieme ad altri partigiani, grazie a Libero, alle sue esperienze di uomo e di combattente, vivemmo giornate di tensione tale da rabbrividire ancora.
La neve era alta, il freddo cocente, la fame terribile, la morte in agguato dietro le curve delle strade di montagna, i dirupi, le case.
Migliaia di tedeschi e fascisti avevano invaso le nostre montagne, i villaggi e noi senza viveri, con poche munizioni, ricchi solo di coraggio, di fede e lasciatemelo dire, di pidocchi, ci spingevamo quale selvaggina inseguita da vicino dal cacciatore, da un canalone all’altro, entro i torrenti ghiacciati, sui crinali dei monti, in mezzo alla neve alta certi punti anche qualche metro.

Inverno che ha visto impazzire letteralmente dei partigiani, che presentava al nostro sguardo allibito partigiani uccisi e gettati nei dirupi
(ricordo a Cornero una visione del genere). Braccati, vaganti, senza; meta, ci facemmo protagonisti di ogni tentativo per sfuggire alla cattura.

Ricordo i paesi di Masante, di Acquenegra, Pione, Pertuso o meglio dei paesi citati ricordo i dintorni perchè dovevamo stare alla larga dagli abitati, dovevamo riposare qualche ora nelle capanne dei carbonai e poi cercare di rimediare un pò di cibo da quella meravigliosa gente della montagna. E quindi approfittando delle tenebre dovevamo sganciarci, cambiare rifugio, sfondare il cerchio di ferro e di fuoco che attorno ai partigiani si era venuto stringendo di giorno in giorno, di ora in ora.

Era necessario non perdere il sangue freddo, non demoralizzarci e quindi essere pronti a reagire ed a vendere cara la pelle. E le neve cadeva la fame ed il freddo aumentavano e forse, io compreso, dobbiamo ancora ringraziare i nostri vecchi consunti scarponi che lasciavano scorrere l’acqua grazie ai calore dei piedi che aveva la proprietà di sciogliere la neve entro le scarpe ed evitare così il congelamento.

“Soffia il vento, infuria la bufera, scarpe rotte e pur bisogna andar ……” era la nostra realtà, era il verso del poeta che senz’altro aveva vissuto le nostre terribili ore di angoscia e di lotta per la vita contro la morte.

Diminuito il cerchio del rastrellarnento a piccoli gruppi prendemmo direzioni diverse per porci in salvo. Io ricordo di essermi portato assieme a “Libero” nella zona di Albareto dopo altro mille peripezie.

La famiglia di Brindani (Libero) ci accolse come si possono accogliere dei redivivi, de figli creduti scomparsi e riabbracciati dalla madre al loro improvviso ritorno in famiglia.

Partii dopo qualche giorno da Albareto per raggiungere la mia famiglia sfollata a San Vincenzo, provato dalla dura prova ma ancora vivo
e pronto a riprendere la lotta armata

 

Gennaio 1945

E così finito il rastrellamento invernale la resistenza si ricompose, si ritrovò con gli tessi ideali ed il rinnovato ricordo del sacrificio dei nostri gloriosi caduti per sferrare altri attacchi, per infierire al nemico altre sconfitte, sul piano morale e materiale.

La divisione “Beretta” ricomposta aveva fissato il proprio comando a Rovinaglia ed io ebbi dai valorosi intrepidi fratelli Cacchioni “ Beretta”
l’invito ad assumere il comando di una compagnia della 1° Brigata comandata dal caro valoroso “Fanfulla” già mio compagno di tanti fatti d’arme e di tante azioni di guerriglia.

Al comando della prima Compagnia presi stanza in quel di Rovinaglia e continuai con i miei uomini la resistenza armata, la lotta, sfruttando la mia esperienza ed il mio spirito combattivo, forgiato de tante prove.

Molti furono gli attacchi cui partecipai, ma cercherò di raccontare i fatti principali ed inizierò a parlare delle azioni che mi videro protagonista assieme ad altri partigiani nel territorio di Pontremol.

Il fronte stagnava in Apuania, ma crescenti erano i sintomi di una ripresa che forse avrebbe consentito alle forze democratiche di sferrare
Il colpo decisivo al nazismo ed al fascismo.

Con un gruppo di partigiani mi spostai verso Pontremoli per studiare la reazione del nemico e da un promontorio sovrastante il fiume Magra aprimmo il fuoco contro un automezzo nemico; rientrammo alla base dopo aver catturato un paio di tedeschi sulla strada della Cisa.

Attaccammo in seguito l’istituto magistrale e facemmo qualche prigioniero (in questo attacco ricordo il “vecio” Delmaestro Giovanni ed il
povero Raimondo Brigati.

Mi spostai sovente nella zona di Pontremoli e della Cisa e fui assieme alla squadra volante della III Berretta protagonista di un coraggioso
attacco presso i Cappuccini di Pontremoli che costò al nemico una diecina di morti.

E Poi venne operato da me e da una trentina di miei uomini un attacco di Sorpresa a Borgotaro con un vivace scontro a fuoco e l’intervento che si rese necessario in seguito del Monsignore perché rilasciassimo il prigioniero tedesco fatto, onde evitare l’incendio del paese.

Mi è cero ricordare a tale proposito la figura del povero, buon Guglielmo Cacchioli, comandante della Divisione “Beretta”.
Io in verità non resistendo più al pensiero che i tedeschi passeggiavano da padroni per Borgotaro, mio paese, senza nulla chiedere ero partito ella volta della cittadina per affermare con la forza che i partigiani soli potevano liberamente essere considerati i veri abitanti del mio paese e che i tedeschi avrebbero dovuto saperlo con le buone o con le cattive.

Quello che successe è stato da me già riferito (prigioniero, scontro a fuoco, rappresaglie, ecc. ecc, e conseguente rilascio del prigionieri per salvare il paese) e correva voce, dopo il fatto, che Guglielmo avrebbe preso provvedimenti contro di me.

I provvedimenti vennero presi da quel caro, mai dimenticato comandante. Mi interpellò, si rese conto del motivo morale e considerato il fatto che per molti aspetti deponeva a mio favore, mi regalò una stecca di cioccolato.

Guglielmo mi amava troppo e le considerazione della mia attività fece senz’altro apprezzare il fatto a lui uomo deciso e comprensivo delle ragioni sincere ed intime che poteva suscitare la presenza del nemico snelle nostre contrade.

E quindi ancora oggi io ricordo i particolari di quell’avvenimento ed assieme ricorderò per sempre il valoroso Guglielmo mio comandante e mio sincero paterno amico.