Carlo Galluzzi

[English Version]

Che dire di Carlo….. un buono, gentile, generoso, allegro e protettivo, vicino a lui ci si sentiva sicuri, tranquilli, anche se a volte amava recitare la parte dello “scorbutico”…..

 

Il carattere era quello della Ida, la sua mamma. In effetti, essendo il minore dei tre fratelli (quando nacque nel 1945, gli altri due erano già giovanottelli), lui spesso viveva insieme alla mamma, una donna forte, intraprendente, piena d’iniziativa e sempre pronta a prodigarsi per gli altri. Non so dire quando la famiglia Galluzzi arrivasse nel quartiere san Rocco, certo è che la costruzione della linea ferroviaria e l’attivazione della stessa verso la fine dell’800 diede notevole sviluppo al paese. Abitava fra il bar Savoia e il palazzo Ostacchini in una casetta di proprietà della famiglia Borzoni. Ricordo il laboratorio di falegnameria di Giovanni, suo papà, sotto casa. Ricordo, sopra, una cucina tetra e molto calda dove, come di uso antico, pentole di rame erano appese al muro sopra l’acquaio; ricordo l’aia dove razzolavano i polli ed il tacchino troneggiava con la sua ruota e il pavone sfoderava le sue penne di mille colori. Carlo trascorreva il suo tempo tra la cucina della mamma e il laboratorio del papà Da una parte divenne un cuoco appassionato e un grande buongustaio, dall’altra prese amore per l’attività del padre e divenne un bravo mobiliere, un arredatore capace e di buon gusto. Spesso, da bambino, trascorreva il tempo con la Wilma, la Lucia, la Gloria perché vicino a casa vi erano solo femmine e forse questo ha influito al suo modo di adattarsi a tutte le situazioni…. giocare con i tegamini, con le bambole… Lo vedo ancora in una vecchia foto dove, con un bel grembiulino a quadretti, e un vassoio con piccole tazzine, serviva il caffè per gioco a noi bambine, sotto un grande ombrellone…..Quando giocavamo “alle signore” davanti alla baracchetta di legno dove poi, adulto, creò la sua residenza estiva, con vecchie cassette di legno, creava sedie e tavolini, verniciandole ed assemblandole per farci il salotto dove giocare e consumare gustose merende che le nostre mamme ci fornivano! Nelle belle e lunghe giornate d’estate si facevano gite in montagna, a Valdena, Valvenera, il Brattello (la strada era appena tracciata) e poi, qualche festicciola da ballo, in casa mia e a proposito, ricordo un ultimo dell’anno: eravamo in tanti . Carlo era un bravissimo ballerino: abilissimo nel ballare il liscio, vi erano poi, Claudio , Carlo Contini, Remo Dallara, la Paola, la Gloria e tanti ancora. Dopo aver aspettato la mezzanotte insieme, all’uscita da casa mia mi si raccontava che l’altro Carlo, che noi chiamavamo Carlino, tuffò la testa nella neve ( probabilmente era un po’ alticcio) e ripetè l’operazione per diverse volte, lungo la strada che portava in paese. Ma il tempo passa per tutti e l’adolescenza lascia il posto all’età matura e i grandi amici si allontanano: il nostro “ Carlone” parte per il servizio militare, in aviazione: poi riesce ad avvicinarsi, è di stanza a Fornovo. Io mi allontano dal paese poco tempo dopo perché mi sposo, altri per motivi di lavoro si sono allontanati e rimangono solo pochi incontri casuali con il mio grande amico Carlo: una domenica, un’estate, qualche visita a casa mia, a Montignoso, con qualche mobile da recapitare. Eh, si, Carlo infatti è riuscito a mettere in piedi un gran bel mobilificio a Borgotaro, con clienti persino in Francia e nel Regno Unito! Amava l’allegria ed il buonumore e quelle festicciole che si organizzavano a casa mia tra un valzer e una mazurka gli diedero lo spirito per organizzare feste più grandi, di più largo spettro, come le feste paesane che organizzò con grande successo per il GRUPPO FOLKLORISTICO SAN ROCCO, di cui era un amatissimo e valido Presidente. Si fece promotore del Carnevale Borgotarese, continuando una tradizione a cui contribuì non poco mio padre, dove maschere e carri allegorici sfilavano lungo viale libertà, piene di colore, musiche e canti, divertimento assicurato per grandi e piccini! Ricordo un anno, un timido tentativo di rimettere in piedi un Carnevale, dopo anni che, morto mio padre, del Carnevale Borgotarese non vi era più traccia e fu da lì che si vide la stima e il rispetto che Carlo aveva per la nostra famiglia e continuò la tradizione che mio padre aveva instaurato. L’arte affascinò anche lui, e presto si atteggiò a suo modo a mecenate, ospitando nei suoi locali di esposizione dei mobili, gallerie d’arte. Ricordo, a questo proposito, una volta mentre mi trovavo a Carrara perché, dirigente di una società sportiva, stavo seguendo la mia squadra di pattinaggio artistico, mi trovai davanti ad una esposizione di quadri e, entrata, seppi dal gallerista che aveva esposto la sua collezione anche a Borgotaro presso appunto il Mobilificio Galluzzi. Indubbiamente, l’aria respirata da bambino, a casa mia, fra i quadri di mio zio Italo e mia cugina Luisella, le foto artistiche di mia zia Antonietta e le sculture di mio padre. gli avevano impresso dentro un’impronta che fece nascere in lui l’amore per l’arte e il desiderio forte di tutelare e “proteggere” i giovani artisti. Cosicchè un bel giorno, dopo tanti anni, il suo spirito di mecenate si fa ancora vivo, quando mia figlia Patrizia, uscita dall’Accademia del marmo di Carrara gli propone una mostra intitolata a suo nonno Aldo Tagliavini, dove esporre insieme le opere di nonno e nipote, accetta e sponsorizza di buon grado la Mostra . Era il 1999 e questa mostra risveglia in lui l’idea di allestire un laboratorio di vendita di sculture cimiteriali da unire alla sua attività di pompe funebri dando a quest’ultima una forma più completa. Durante questo periodo dà a mia figlia la possibilità di dimostrare le sue doti commissionandole diverse opere. La sua morte quasi improvvisa e prematura ha lasciato nel cuore di tutti i Borgotaresi e non solo, un gran rimpianto e in tutti gli abitanti di San Rocco, “del sasso e non” un motivo di rimpianto in più: non averlo potuto avere come amministratore pubblico, perché sicuramente ne aveva le doti: buonsenso, buon cuore e tanto buon gusto! Il suo contributo a tutte le associazioni di Volontariato è stato grande e costante. Il suo contributo finanziario agli edifici della Chiesa Parrocchiale del quartiere è stato determinante negli anni ottanta quando per il degrado in cui versavano, la chiesa rischiò di essere chiusa. La sua breve esistenza non gli permise di realizzare tanti suoi sogni, alcuni dei quali riguardavano da vicino il suo quartiere che egli amava così come amava il” bello” Ad esempio, a lui sarebbe piaciuto moltissimo ripristinare la fontana che stava al lato del ponte sul Tarodine e a questo proposito si era fatto fare anche un piccolo progetto. Realizzandolo, sarebbe un bel modo per ricordarlo. Lui se lo merita davvero!

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