QUANTI RICORDI!!!

Pubblichiamo un testo che ci ha inviato Luisella Bosi, oggi abitante a Felino, ma, da sempre, legata a San Rocco,  dove ha trascorso  l’estate della sua infanzia. Gli zii, le cugine e il quartiere ….. i suoi ricordi ancora vivi e presenti in queste sue fantastiche opere.

Quanti ricordi! Arrivata in casa degli zii a Borgotaro, dove non ero mai stata, alla fine della classe quarta elementare per passare l’estate, sono stata accolta come una figlia e da quel momento il quartiere di S.Rocco, è diventato la mia seconda Patria. I miei zii Aldo e Gina Tagliavini e le loro figlie Patrizia e Lucia hanno reso il mio soggiorno talmente ricco di cose e di sentimenti che non posso fare a meno di trovarmi fra le mani preziose esperienze che purtroppo, ora a distanza di tempo non posso che chiamare “ricordi”, ma in realtà sono ancora così vivi e presenti nella mia formazione tanto da far parte della mia attuale vita. Le mie cugine, quasi sorelle per me, hanno fatto sì che la loro quotidianità fosse anche la mia così sono cresciuta insieme a loro tra gli usi e i costumi del Borgo e di San Rocco. Nulla si è perso nella notte dei tempi perché poi mi sono ritrovata grande a frequentare, se pur in veste d’insegnante presso la scuola media, lo stesso ambiente che mi aveva vista bambina e così a perpetuare il vivere in questa terra come se veramente ci fossi nata.
Ma vorrei ricordare in particolare le voci, i colori, i sapori, tutto quanto mi faceva incuriosire e che ho incamerato e custodito gelosamente ( per non perdere le radici) e che ora riaffiora ex novo con tutte le caratteristiche di allora.
La casa dei miei zii stava verso la stazione del treno (anzi dovrei dire “sta “ perché c’è ancora pur avendo cambiato nel suo originale aspetto, ma devo parlare al passato per via di ricordi) e, alla strada principale, “Via della Libertà” si accedeva da una terrazza con i gradini. Di fronte, Marioni, con la rivendita dei tabacchi che fra l’altro, affittava le camere ai villeggianti e “la bottega” così chiamata dalla Tata di famiglia, vale a dire l’attuale Ristorante “ il Pirata”. Andando verso la Stazione del treno, sulla destra, di spigolo con una stradina denominata “ del tram”, c’era una piccola costruzione a mo’ di casetta, con un’unica grande porta: questa era di Montelli tenuta dall’ortolana Felicina. Data la sua esiguità, quando si andava a far spesa, si doveva stare in fila. Continuando sempre verso il treno e sulla destra, ecco la “fabbrica del tannino” che per me, rappresentava un punto interrogativo: come poteva emanare un odore del tutto simile alla marmellata di prugne bruciata, quando lì di marmellata nemmeno l’ombra? Ed infine la Stazione! Da una parte, i treni che arrivavano da Parma sembravano apparizioni dopo la leggera curva del ponte di ferro e dall’altra l’ignoto che aveva solo un nome: galleria del Borgallo. Quando sono arrivata a Borgotaro, da Parma, per la prima volta, con la mia grande valigia, mi era sembrato di aver fatto un viaggio durato ore e ore e di approdare in terra straniera, ma poi piano, piano, tutto si è fatto familiare e alla fine dell’estate il ritorno a casa aveva qualcosa di stonato perché la mia casa, nel mio cuore, era quella che ora lasciavo. Sempre così ogni anno e per tanti anni: sono diventata grande, nel quartiere di San Rocco! Grandi amicizie e piccoli amori si fondono ora nei giorni spensierati dei ricordi ai quali si affacciano le sembianze di chi ha condiviso con me le lunghe estati. Prima le amicizie delle mie cugine come Gloria Necchi, Carlo Galluzzi, purtroppo scomparsi, poi più avanti Franca Bernardi che alla fine della scuola era impegnata nell’edicola di giornali della sua famiglia, Savino Acquistapace e Nando Finardi e poi continuando il cammino Adele Barusi, Bianca Musi, Euride Grossi, Maria Rita Marioni…. Alla sera la terrazza a gradini si animava con la loro compagnia e nell’oscurità fiorivano i pettegolezzi, le confidenze e tante risate, sorseggiando la bibite acquistate al bar Savoia, meta preferita di tutti noi e che si prestava anche come nascondiglio ai ragazzi che marinavano il catechismo. Qui nel mio ricordo entra in azione l’allora Parroco di San Rocco, Don Ugo che a razzo arrivava col suo mezzo di trasporto, il Motom, svolazzando per la via Libertà e scrutando a destra e a manca per scovare i fogonisti. Saliva sul motorino con gesto sicuro dando un colpo all’abito da prete, quello lungo con tutti i bottoncini in fila da capo a piedi, per tirarlo fin sopra le ginocchia e acquistare libertà di movimento e poi via! E, come dimenticare il mitico gelato che la Signora Savoia offriva a mia cugina Patrizia, sua particolare estimatrice, alla crema, appena fatto e intinto nel cioccolato fondente? Aveva un chè d’ arcano sia nel gesto che la Signora compiva che nel suo divino sapore.
Momenti stellati come le sere delle prime simpatie consumate nell’attesa di vedere spuntare il lui o la lei e assaporare l’attimo del suo passaggio su via della Libertà in gran segreto e seguire la sua figura fino a quando la curva della strada, dopo il palazzo di Ostacchini, l’assorbiva.
Ho ancora nelle orecchie il rumore dell’acqua del Tarodine dove si andava a prendere il sole e ad azzardare timidamente un bagno tenendo d’occhio chi passava sul ponte che porta in Stazione ancor oggi.
Questa non è altro che una carrellata quasi per dire “c’ero anch’io”, ma anche che ci sono ancora a vivere il quartiere di San Rocco, pur se abito lontano, tutte le volte che si presenta l’occasione, collaborando in ciò che mi è possibile nelle attività che vi fioriscono e nelle quali mia cugina Patrizia mi coinvolge, a cominciare dai mercatini e, quanto avrei da dire e da mostrare. Ecco perciò, un assaggio di un felice passato, cioè i sassoni del Tarodine, quasi lo stesso scorcio che si vede nella foto pubblicata “vi riconoscete?”; le amiche in costume da bagno, a mò di studio anatomico; i trulli, cioè quelle casette col tetto a punta dove abitava l’amica Vilma; la caricatura di Don Ugo, nonché qualche ritratto: Savino, Nando, Bruno Cervotti, Angelo Zanrè, mia cugina Patrizia…e uno scorcio di bosco che mi era rimasto impresso al ritorno di un’ escursione al monte Molinatico.
Tutto databile ai miei quindici anni circa e rappresentato in tecniche diverse secondo i mezzi e l’ispirazione del momento.

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