È vero che non siamo più quelli di prima, che tante persone provengono da paesi lontani da noi e si sono insediati in mezzo a noi, ma non dimentichiamoci che anche noi agli albori del secolo scorso, abbiamo avuto una discendenza eterogenea perché derivata dagli operai che si insediarono qui per i lavori della ferrovia e provenivano da paesi economicamente, allora, depressi, come il Polesine, altri posti di pianura e quelli di origine del paese dell’impresa che costruì la ferrovia. E tutti , o quasi, si fermarono da noi anche quando i lavori furono terminati e diedero origine a parte del nostro quartiere. Non per niente la leggenda dice che ..”se bevi l’acqua del Tarodine non puoi più allontanarti da qui….”.

Per scrivere delle famiglie “storiche” del nostro quartiere, si deve cercare di vederlo come era negli anni della sua nascita e gradatamente, per merito delle famiglie che lo hanno abitato, come si è modificato, sino al suo aspetto odierno.

Il “popolo” di San Rocco è nato preminentemente dal personale di servizio, dagli artigiani arrivati alla fine dell’800 al seguito dell’impresa della ditta Piatti artefice del traforo di valico della ferrovia Parma La Spezia. Durante tali lavori, durati dieci anni, gente del Polesine, della bassa parmense, della Romagna, e di altri paesi, si insediarono nella zona limitrofa alla linea ferroviaria e lungo l’attuale strada del “muraglione” e si fermarono qui per sempre creando numerosi nuclei familiari. Quindi le radici dei “ Sanrocchini “ sono di poco più antiche di quelle degli alberi del viale della Libertà , se escludiamo il nucleo abitato nei pressi della Chiesa , costituito dai frati Agostiniani che costruirono la Chiesa ed il Convento nel 1500.

Mi piace incominciare ad analizzarlo dalla zona della stazione ferroviaria, che è la maggiore responsabile della sua nascita. Per dir la verità , più della stazione in sé, è stato il traforo della galleria del Borgallo, che mette in comunicazione la nostra provincia con la terra della Lunigiana.

La galleria è lunga 7971,54 m. , ho scritto la misura esatta perché ogni metro, ogni centimetro dello scavo è costato fatica, perdite di vite umane, spaventi ed eventi catastrofici, come inondazione, scoppi , ecc., della serie “al peggio non v’è mai fine….”.

Per costruirla sono occorsi ben 10 anni, dal 1° marzo del 1883 al 28 maggio 1893.

L’impresa che eseguì i lavori aveva alle sue dipendenze circa 2000 uomini provenienti in gran parte da zone allora economicamente depresse, come il Polesine, la Romagna ed anche da zone più vicine.

Tutta quella gente alloggiava in grandi baracche di legno, poste lungo la linea della galleria. Ogni baracca poteva ospitare circa cento persone. Accanto a queste, ve ne erano di più piccole, sempre di legno, dove vi erano gli artigiani che lavoravano esclusivamente per il cantiere: calzolai, sarti, barbieri, e altri. Vi erano anche alcuni spacci di generi alimentari perché nel contratto con i dipendenti l’impresa era tenuta a fornire solo il pasto del mezzogiorno.

Riassumendo, nella zona che stiamo esaminando c’era solo La Stazione Ferroviaria, con il Buffet, e una serie di baracche di legno che si snodavano lungo l’attuale strada del Brattello. Non vi era ancora la fabbrica del tannino (sarà impiantata nel 1924, dalla ditta coloranti Benelli di Milano che, nel 1934, la cedette al gruppo F.N.E.T.). Non c’era neppure la Cementifera che aprirà nei primi anni del ‘900.

Fra le baracche di legno, quelle abitate dagli artigiani, ve ne era una posta proprio in località “Pozzetto”, alla parte sinistra salendo verso il Brattello, dove ancora oggi si trovano due ciminiere che sono prese d’aria della galleria e che in origine erano due pozzi da cui veniva calato il materiale per costruirla: chiamati di Groppalbero e RioFreddo, profondi rispettivamente 77 e 152 metri. È doveroso che sappiate che tutte le notizie che riguardano la ferrovia le ho lette sul bel libro di Ravera “ Le strade Ferrate della Valtaro”. Si possono vedere ancora i resti di questa baracca dove, sino a qualche anno fa, si leggeva sulla porta “spaccio di generi alimentari”.