Ostacchini

Tratto dal libro L’Alta Valtaro nella Resistenza
Giacomo Vietti
LA BATTAGLIA  DI  BORGOTARO -8-9 APRILE 1945

Borgotaro viene liberata il 9 aprile, alcuni giorni prima dello sfondamento  alleato alla linea Gotica, in un momento in cui tutto il fronte italiano era fermo, nel corso della complessa azione  che porta alla distruzione di tutte le guarnigioni tedesche e fasciste dai passi  appenninici ai contrafforti della pianura.
L’inverno era durato a lungo, alle abbondanti  nevicate di  gennaio e febbraio erano seguite settimane  di  bel tempo; asciutto  e freddo.
Alla fine di marzo era cominciato a piovere, i monti erano ancora ricoperti di neve.
Le incursioni aeree americane  sulla linea ferroviaria continuavano giornalmente causando danni ai fabbricati e terrorizzando  la popolazione.
Dai monti i partigiani partivano per le giornaliere incursioni lungo  le linee di transito, quindi ritornavano ai casolari, ai  villaggi  per qualche giorno  di  riposo.
I tedeschi reagivano con qualche  sporadica puntata verso le postazioni, nella speranza di sorprendere qualche partigiano; senza convinzione, al solo scopo di vendetta.
Il fronte Italiano era terribilmente  fermo.
A volte anche i più fiduciosi erano colti  dallo sconforto, tutto sembrava fermo ed immutabile; questa  guerra sembrava che non dovesse più finire.
Unico collegamento con l’esterno era Radio Londra, che  dava notizie dei movimenti  alleati, soprattutto della travolgente avanzata dell’Esercito Rosso che, ai primi di marzo, arriva ai  confini della Germania. A metà marzo gli anglo – americani superando le difficoltà invernali della battaglia dei Vosgi, oltrepassano il Reno.
La battaglia  decisiva della campagna d’Italia, che  doveva portare al  crollo delle armate tedesche attestate lungo la linea Gotica, si  svolge dal 10  al 20  Aprile.
In questa battaglia gli alleati avevano in campo 17  divisioni a cui aggiungevano 4 gruppi combattenti italiani, a brigate corazzate e 4 di  fanteria; dalla parte tedesca combattevano  23 divisioni a cui si  aggiungevano 4  fasciste.
La superiorità terra era bilanciata dalla schiacciante supremazia aerea alleata e dal fatto che delle  27 divisioni nazifascista 6 erano permanente impegnate dai partigiani del  fronte interno.
Il piano d’attacco Alleato, discusso il 5 Aprile dal  gen. Mac- Greevy, aveva un fondamentale obiettivo: rompere il fronte della linea Gotica, aggirare il grosso  delle forze tedesche a Sud del Po ed incalzare il nemico con la rapidità necessaria a non permettergli la  formazione di  un’ulteriore linea di  difesa a ridosso  delle Alpi.
Per consentire questo  obiettivo gli alleati pensano di  utilizzare le formazioni partigiane in modo funzionale  al loro piano coinvolgendole il alcune azioni di  interesse strategico 2). È  il caso  della   <>.
D’altro lato in previsione della rottura del fronte, i tedeschi avevano il preminente interesse di mantenere sgombre la vie  di  comunicazione per consentire alle truppe di  ritirarsi ordinatamente nella valle padana: attraverso i passi appenninici che dalla riviera toscana immettevano nella pianura.
Nel contesto di  questa situazione tutta l’alta Val  Taro manteneva la sua fondamentale importanza strategica.
L’interruzione di  una  di  queste vie di  ritirata aggrava il carico sulle  altre e le  rendeva più vulnerabili, più esposte sia alle azioni di  guerriglia e all’azione dei  bombardamenti aerei degli Alleati.
2) In un messaggio alle forze partigiane in cui  si annunciava l’inizio della battaglia finale il gen. Clark diceva <>.
P. Secchia – F.Frassati – Storia della Resistenza Vol. Ii pag. 609.
È la tipica concezione limitativa della funzione partigiana che viene tentata dagli  alleati nella  fase finale.
D’altro canto l’azione partigiana del mese di marzo, la falcidia delle pattuglie di  collegamento tra i vari presidi, i tentativi di  attacco condotto ai  presidi e nello stesso  tempo le difficoltà  riscontrate, rendeva matura e necessaria una grande azione decisiva.
È la  grande battaglia dell’8 aprile.
Il piano coordinato dal  Comando Unico parmense viene studiato e concordato con gli ufficiali alleati e discusso nei minimi particolari a Gravago, il 3 aprile, dove convengono tutti i capi partigiani.
Gli ordini circostanziati per questa operazione, che  coinvolge in una unica  azione contemporanea più  di 1000 partigiani, vengono  diramati il 6 aprile  con l’ordine n.2138 di protocollo:
<< Ordine di  operazione n 4:
Viene comunicato che l’offensiva alleata del nostro fronte  è imminente. In relazione a ciò, questo  C.U. intende:
In un primo tempo: sviluppare un’azione a fondo contro i più importanti presidi nemici  della zona, sbarrando nel contempo alcune vitali vie di  comunicazione.
 
In un secondo tempo effettuare lo sbarramento in tutte le possibili vie  di  ritirata del nemico, secondo  il piano di massima già stabilito salvo le  varianti che  saranno appresso indicate.
 
1) Azione  sui  presidi
 
L’attacco a fondo dei presidi sarà  effettuato al mattino  dell’8 aprile alle  ore 4 ora legale, con azione contemporanea tendente alla eliminazione delle forze esistenti nei  presidi  stessi.
Quest’ultimi devono essere occupati e l’occupazione deve essere mantenuta, fino a che è possibile, salvo per i presidi contro i quali è prescritto di  svolgere una semplice azione  dimostrativa.
Gli obbiettivi sono stabiliti  come  segue:
 
Iª Brigata Julia – Attaccherà ed occuperà Borgotaro – Ostia – Roccaprebalza. Detta brigata sarà  rinforzata dal  Gruppo Val Taro come  riterrà più conveniente il Comando della Divisione Val  taro.
 
IIª Brigata Julia – Attaccherà ed occuperà Berceto, inoltre sbarrerà con armi automatiche e con mine le provenienze di Roccabrebalza verso  Berceto.
 
135ª Brigata GARIBALDI <> – Attaccherà ed occuperà il presidi  di  Valmozzola e Ghiare  di  Berceto.
 
31ª Brigata COPELLI e FORNI – Attaccheranno ed occuperanno i presidi  di  Solignano , Citerna, Selva del  Bocchetto, Salsomaggiore e Miano.
Eseguirà altresì un’azione dimostrativa contro il presidio  di  Noceto ed eventuali presidi  della  zona. Il Comando Divisione ripartirà gli obiettivi fra le  due  dette  brigate
 
Divisione Cisa – Attaccherà il presidio del Passo della Cisa, nonché quelli lungo il tronco ferroviario Pontremoli  – Guinadi. Eseguirà altresì una azione dimostrativa contro il presidio  di Pontremoli.
 
 
II ) Sbarramento delle  strade
 
Nella notte fra il 7 e 8 aprile.
 
La 32ª Brigata Garibaldi  sbarrerà la  strada proveniente  dal Bocco scaglionando in profondità le armi pesanti.
 
La Centocroci sbarrerà in modo  analogo la  strada Centocroci.
 
La Divisione  Cisa sbarrerà la strada della Cisa, da Pontremoli al passo. Inoltre bloccherà la galleria  del  Borgallo – accesso sud predisponendo le mine per la interruzione, che  sarà effettuata soltanto  nel caso che la zona debba essere abbandonata.
Lungo le  strade indicate sarà provveduto, secondo le possibilità, alla posa delle mine.
Tenendo presente che i campi minati devono essere sorvegliati ed efficacemente battuti  da armi automatiche.
 
 
III) Operazioni  successive
 
Dopo aver effettuato le operazioni contro i presidi, le operazioni si  svilupperanno come  segue:
– sarà mantenuta, finché possibile, l’occupazione dei presidi che  sono  stati eliminati.- verranno sbarrate tutte le strade sulle quali potrà verificarsi la ritirata nemica, secondo le  direttrici generali dell’ordine di operazione n 1, tenendo conto inoltre che la II Brigata Julia dovrà anche  agire sul tratto di strada Nazionale Passo  della Cisa – Poggio di  berceto.
 
– la  135ª Brigata Garibaldi, dopo aver occupato i presidi  di Valmozzola e di  Ghiare , li consegnerà alla I Brigata Garibaldi e rientrerà nella propria zona per  effettuare le  azioni di  guerriglia lungo le  vie di  ritirata indicate nel citato ordine n 2102.
 
 
IV) Collegamenti
 
Dall’inizio delle operazioni i comandi di  Divisione stabiliranno un più stretto collegamento con questo  Comando Unico e perfezioneranno i collegamenti con le proprie  Brigate .
Saranno subito  comunicate a  questo C.U. le località dove il Comando di  Divisione e tutti  i comandi di  brigata stabiliranno la loro sede tattica.
La sede tattica di  questo C.U. sarà trasferita per le ore 21 del  giorno 7 aprile a mariano  di  Valmozzola.
Tutte le comunicazioni dirette  a questo C.U. dovranno essere avviate al  Castello di  mariano dove per la stessa ora, funzionerà un nuovo centro di  collegamento del  C.U.
 
 
Il Comandante  del  C.U.                               Il Capo di S.M.
                                              ARTA                                                 OTTAVIO
 
 
 
Di  fronte a questo  documento, che delinea la  più complessa azione militare delle nostre formazioni  partigiane, documento  studiato e preparato da militari professione, con l’ausilio di  consulenti  alleati, viene spontaneo cercarne un significato politico ricollegando alle precedenti vicende e cercare un collegamento, un  filo logico, che lo unisce agli  avvenimenti di un anno prima.
Il documento dimostra che in poco più  di un anno il movimento partigiano si è trasformato in un vero e proprio esercito, che  si muove con la logica e la  tecnica tipica degli eserciti regolari.
Ma per scoprire un significato diverso  bisogna confrontare questo documento con le  prime  azioni spontanee, improvvisate da piccoli gruppi di  ribelli: Fermo Ognibene, a Borgotaro il 17  febbraio’44, il gruppo Penna a Santa Maria il 23 febbraio, il Centocroci sul passo omonimo l’8 Marzo, Betti a valmozzola il 12 Marzo.
Azioni improvvisate, slegate le une dalle altre, fatte da gruppi diversi per provenienza, per motivazioni, piccoli e occasionali eventi sparsi nel  nostro  territorio.
Ma quelle azioni, l’eroismo di  quei pochi  combattenti, la  lucidità politica di chi  la perseguito con tenacia la difficile strada della lotta armata, hanno conseguito il risultato di  aggregare ai piccoli nuclei, il grande esercito ora in campo che ribaltando  la situazione politica e militare, attacca frontalmente  i tedeschi nel loro  stesso  campo.
Ma il documento può anche  essere valutato come  una  grande  vittoria politica  della resistenza Italiana, se si pensa che  viene  elaborato con la  consulenza di  ufficiali  alleati, appositamente inviati dai loro  comandi, colleghi di  quegli stessi ufficiali che  a Chiesa Bianca di  Bardi alla fine  di  settembre del’43 avevano rifiutato la loro  collaborazione.
Dal punto  di  vista militare il documento precisa inequivocabilmente due  obbiettivi strettamente  connessi e funzionali l’uno all’altro. Eliminare completamente i presidi  di della Val  Taro  da Fornovo  ai passi  appenninici ed in tutto  l’alto pontremolese a monte  del  capoluogo della Lunigiana, sbarrare la  via  di transito della Nazionale  della Cisa impedendo, da questa via, la ritirata delle divisioni tedesche dal  fronte  tirrenico.
La interconnessione tra i due  obiettivi è evidente: solo eliminando le  difese tedesche alle  spalle  della Cisa, questa poteva essere interrotta.
Nella Valle  del  Taro, la sera  del7 aprile, tutte le  formazioni partigiane sono pronte nelle rispettive posizioni di attacco, raggiunte  con marce forzate attraverso i sentieri nascosti, per non destare sospetti e conseguire con la sorpresa una più facile  vittoria.
Ogni comandante di  brigata ha  predisposto particolareggiati piani operativi per conseguire i compiti assegnatigli.
Durante la notte i vari distaccamenti prendono posizione in modo da accerchiare le  guarnigioni, vengono approntate le postazioni delle armi pesanti: mortai e mitragliatrici, in modo  da colpire  nella prima  fase le  casematte dentro le quali sono asserragliati i tedeschi, smantellare le  difese esterne: nidi  di mitragliatrici e campi minati, e coprire poi le  azioni di  assalto nella  fase finale.
La  grande azione ha inizio all’alba  dell’8.
Il tempo è pessimo: continui scrosci  di  pioggia resa ancora più fastidiosa da un forte vento gelido.
Nella notte sui monti era caduta  la neve.
Il Comando  della  Divisione Val taro è posto a Belforte dove il comandante Umberto  e il Commissario Severino organizzano i collegamenti con le  diverse formazioni al loro  comando, ed una infermeria per soccorrere i primi feriti.
Il Comando  della  Divisione Cisa è alla Cervara.
Non tutti  gli obiettivi stabiliti nel piano verranno raggiunti.
Erano certamente ambiziosi: si voleva liberare la Val Taro e l’alto pontremolese e contemporaneamente interrompere la Nazionale tra Berceto  e Pontremoli.
Il primo obiettivo verrà pienamente raggiunto, nonostante la disperata difesa di tutte le guarnigioni tedesche appoggiate da tentativi di aiuto esterno proveniente da Pontremoli, Fornovo e Cassio.
Su  questi ultimi due presidi sarebbe stato opportuno compiere azioni dimostrative – questa  era una proposta del  Comando  della  Divisione Val  ceno – per facilitare le azioni sugli obiettivi fondamentali.
I compiti fondamentali assegnati alla II Brigata Julia ed alle  Brigate Beretta non vengono invece conseguiti.
I presidi  di  berceto e del Paso  della Cisa non vengono  attaccati, cosicché, il mancato blocco della Nazionale, attraverso la quale nell’ultima settimana del mese affluiranno  a Fornovo le  forze tedesche del  fronte  tirrenico, farà maturare la necessità di una seconda battaglia: della Sacca  di  Fornovo.
Le  Brigate  Beretta realizzeranno invece gli obiettivi di conquistare i presidi  di  Grondola e Guinadi e tutti  i caselli della  ferrovia nel tratto Borgotaro – Pontremoli: n. 66, 69, 70, 73,
Tutti ubicati presso l’imboccatura della galleria e circondati  da campi minati. Le postazioni vengono fatte  saltare con potenti  cariche di  esplosivo e gli occupanti vengono tutti  uccisi o fatti prigionieri.
Inoltre, reparti conducano con una azione dimostrativa alla periferia di  Pontremoli impegnando le  forze tedesche uscite  dalla  guarnigione e riuscendo il 9 a distruggere due  camions di una autocolonna tedesca catturando un ingente quantità di  viveri.
Nel  corso di  questi  combattimenti muoiono i partigiani: Brini Giuseppe <>, Ghelfi  Giovanni <>, Polesi Pietro <>.
Mentre le  Brigate della Divisione Val  ceno attaccano i presidi di  Mustarolo, valmozzola, Salsomaggiore, Miano e Noceto, a Ghiare di  berceto attacca la  II Brigata Julia.
I caselli e le guarnigioni tedesche vengono eliminate ed i tedeschi rifugiatasi nelle  gallerie vengono  alla fine snidati e fatti prigionieri.
Un piccolo gruppo di  questi, tuttavia, condotti  a Lozzola, approfittando di un momento  di  distrazione della guardia, si impadroniscono di armi lasciate incostudite e fuggono sparando.
Viene  ferito gravemente Gliceno Boldrini <> che  condotto al pronto soccorso  di Belforte viene miracolosamente strappato alla morte dal  dott. Prussia.
Il Gruppo d’ Azione Val Taro attacca il presidio di  Roccamurata trincerato in due fabbricati e due caselli distanti duecento metri.
In cinque ore di  combattimento i patrioti  borgotaresi espugnano d’assalto l’intera guarnigione; difesa da postazioni di  mitragliatrici esterne e circondata  da campi minati. È il primo presidio della giornata  a cadere, i prigionieri sono sessanta.
Per il resto della giornata i patrioti sono impegnati a caricare armi ed esplosivi dai vagoni ferroviari fermi lungo la  ferrovia.
Finito il lavoro i partigiani si  dispongono alla destra del taro.
Più lungo è difficile l’attacco ad Ostia della  Centocroci.
I tedeschi sono asserragliati in un gruppo  di  case collegate da muri di  difesa che  costituiscono nel loro insieme un poderoso fortilizio.
All’esterno del paese, trincerate postazioni di mitragliatrice sono a difesa della guarnigione.
I partigiani attaccano dalla destra e dalla sinistra del  Taro.
Ostia è circondata,i partigiani partono all’attacco partendo da Baselica, e da Tiedoli, e da Belforte.
Si  inizia con un intenso   bombardamento  di  mortai, quindi si eliminano le postazioni esterne di mitragliatrici, alla fine si  inizia  l’assalto.
I tedeschi si  difendono disperatamente fino  a tarda sera e nei tentativi di  assalto cadono i partigiani Rovella Luigi e Susani Giorgio.
Ad uno ad uno, colpiti  dai mortai, i fortini dei tedeschi crollano seppellendo i difensori , ma i difensori difendono le  macerie.
Il Maggiore Umberto, vista l’accanita difesa dei tedeschi, consiglia di rinviare l’all’indomani l’attacco finale.
Ma Richetto ha  fretta, erano corse voci di un contrattacco  tedesco , proveniente  da  Berceto. Riorganizza i  suoi uomini e da l’ordine  di  assalto.
Si occupano i primi fortini mentre dalla sinistra del Taro  arrivano gli assalitori che  attraversano il ponte di  Magrano incuranti dell’intenso fuoco  dei difensori.
Il combattimento si  svolge ormai all’interno dei  fortilizi nemici, fra le macerie, con bombe  a mano.
A tarda sera il comando tedesco si  arrende con una sessantina di  soldati. Di  notte gli uomini  di  Beretta si  ritirano lasciando alla II Julia il compito  di  presidiare la zona  e rastrellare le  case.
Alla sera dell8 aprile tutte le  guarnigioni da Ghiare di  Berceto e Ostia sono occupate. Durante la notte tuttavia, una colonna tedesca al comando di un capitano, parte da berceto, elude  la  sorveglianza partigiana e riesce inspiegabilmente a raggiungere Ostia ingrossata da superstiti e fuggiaschi dei  combattimenti della giornata.
Alla mattina del  9 a Ostia i tedeschi sorprendono un distaccamento  della II Julia: Barbieri Luigi <> viene  ucciso, Bertinelli Giovanni <>, ferito mortalmente morirà qualche  giorno dopo.
La sorpresa è completa ma dopo il primo smarrimento  i partigiani organizzano la  difesa e riescono  a respingere i tedeschi che  si  ritirano verso  berceto.
A Roccamurata, sulla via del  ritorno, sono avvisati dagli uomini di Dragotte che intervengono prontamente; i tedeschi vengono circondati ed inizia un combattimento. Dopo i primi morti  i tedeschi si  arrendono.
La 32ª Brigata Garibaldi  Monte Penna procede al  blocco  della carrozzabile del  Bocco e stringe d’assedio il forte presidio del passo difeso dagli  Alpini della Monte  Rosa.
I combattimenti si  protraggono per tre giorni: i difensori sono asserragliati nel loro fortilizio posto  in posizione dominante e circondata da campi minati si  difendono accanitamente e pur essendo battuti dai mortai e dalle  mitragliatrici dei partigiani impediscono loro  di  avvicinarsi. Anzi, la mattina  del  10, riescono a compiere una sortita facendosi  largo tra le  file  dei partigiani e giungendo  fino  a Giaiette dove tentano di far  saltare con l’esplosivo un tratto  di strada.
Un contrattacco  dei partigiani infine li respinge all’interno del loro fortilizio.
 Al pomeriggio, più intenso riprende l’attacco partigiano; i mortai colpiscono i fabbricati, vengono smantellate le  difese dei  campi minati e quindi  alla fine viene colpito un deposito  di  munizioni l’esplosione del quale distrugge l’intero  fabbricato mentre il bosco intorno prende fuoco.
Vista così ogni vana difesa, gli alpini abbandonano il passo e fuggono verso Chiavari.
Il giorno 11 un distaccamento  della 32ª si  spinge sulla strada Borzonasca – Borgonovo – attacca una  colonna di  alpini che  si sta ritirando al passo  della Forcella.
Quindi, il 12,  si  spinge di  nuovo verso Borgotaro i cui presidi vengono attaccati da colpi di  mortaio e mitraglie: tutta la  strada  del  Bocco viene così bloccata sia nel versante parmense che  nel versante  genovese.
La prima Brigata Julia rafforzata da un distaccamento della II Brigata Julia al  comando  di  Vampa, attacca i 4 caselli n 60, 61, 62, 63 sul tratto della linea ferroviaria tra Borgotaro e Ostia ed il presidio tedesco di  Borgotaro.
L’ ordine d’operazione del Comandante Libero n° 880 per l’eliminazione del presidio di Borgotaro, viene emanato la sera del 7 Aprile e prevede compiti operativi particolareggiati per tutti i sette distaccamenti.
Asserragliati nel Palazzo Ostacchini, nella casa Beccarelli , nella stazione ferroviaria, dentro la galleria del Borgallo, fra le cataste del legname della F.N.E.T. i tedeschi si difendono accanitamente  tutto il giorno. Nei primi attacchi viene ferito gravemente Cacchioli Domenico <> che morirà due giorni dopo.
Le armi pesanti : mitragliatrici e mortai sono piazzati sulla fabbrica del cemento, sul Castello, sopra la cascata del canale della Centrale, Casa Botti,  mentre i partigiani portano gli assalti partendo dal cimitero,dal molino dell’ Aglio, da Casa Botti.
Alla sera, dopo vari tentativi d’assalto, si tenta di far esplodere il Palazzo del Comando con una carica di dinamite : la carica viene piazzata ma non esplode.
Durante la notte i tedeschi sono assediati ed alla mattina i primi due caselli ferroviari 62 e 64 si arrendono.
Il Palazzo Ostacchini viene espugnato in tarda mattinata dopo un ennesimo assalto e dopo che esplode la seconda carica piazzata da tre ardimentosi ribelli: Napoli, Ailù e Rosetta.
Ormai qualche soldato tedesco aveva cominciato  individualmente ad abbandonare la sua posizione e si era arreso ai partigiani. Qualcuno, addirittura, nel tentativo di arrendersi individualmente era stato ucciso da un maresciallo delle S.S. che si ostinava alla resistenza contro la volontà dello stesso comandante del presidio. I partigiani irrompono nel palazzo da tanti mesi sede del comando tedesco.
È Gino Del maestro che ci fa rivivere quell’ indimenticabile momento : Libero,Rosetta Solari, Ailù Corrado, Lino, Bomba,Pio ed io fummo i primi ad entrare nel Palazzo. Il tenente stava scendendo le scale; si staccò il cinturone con la rivoltella e la consegnò ad Ailù. Il Comandante Libero fece scendere tutti i prigionieri, li mise in fila lungo la strada e li portò verso la stazione.
Segue poi un rastrellamento alla stazione, nella galleria ed alla F.N.E.T. dove i tedeschi, circondati , ad uno ad uno, si arrendono. In totale i tedeschi catturati sono un centinaio, ingente il bottino bellico: dentro la galleria del Borgallo vengono rinvenuti 900 quintali d’esplosivo, ed un enorme quantitativo di viveri e vestiario. Presumibilmente l’ esplosivo dove  servire per far saltare l’ Arsenale di La Spezia ed alla fine della guerra, rimasto incostudito, sarà la causa di una grossa tragedia.
Liberata la Valle, rastrellata tutta la zona, e fatti prigionieri gli ultimi tedeschi nascosti nelle cantine delle case, le  formazioni partigiane si spostano per difendere l’accesso da possibili incursioni nemiche.
La I e la II Brigata Julia con il Gruppo d’ Azione Val Taro si  spostano lungo la destra del taro per difendere la Valle da attacchi provenienti da berceto e dalla Cisa.
La Divisione Cisa controlla tutto l’alto Pontremolese, mentre le Brigate Centocroci e i distaccamenti della 32ª Brigata Garibaldi difendono i passi del  Centocroci e del  Bocco.
Nonostante la  grande vittoria conseguita, alcuni episodi, il mancato blocco  della nazionale, l’infiltrazione tedesca dell’8 aprile, lascia uno strascico  di  polemiche.
Vengono rilevate debolezze e carenze nel  coordinamento e nel  collegamento ma è soprattutto la mancata vigilanza sulla strada che  da Berceto scende a Borgotaro e che  ha  permesso  l’infiltrazione dei tedeschi fino ad Ostia, con il relativo bilancio di morti che  accende la discussione.
È il comando della Divisione Val  Taro che  viene coinvolto insieme al  Comando della II  Brigata Julia.
Il, 22 aprile, dopo qualche  giorno di polemica fra i comandanti partigiani, a Gravago, dove aveva  posto il Comando Unico, si decidono mutamenti ai vertici delle formazioni.
Il Maggiore Umberto sostituito da  Richetto al  Comando  della Divisione ritorna al  Comando della II Brigata Julia dove vengono destituiti il Comandante Bazzan ed il vice comandante Piero Pelizzari.
Come viene definita  da Roberto  Battaglia, la <> si  conclude con la  liberazione della Val  Taro dal Passo del  Bocco ai  contrafforti  della pianura: oltre 500 sono  i prigionieri tedeschi e fascisti e questa sola cifra dà le  dimensioni della  guerra.
In quelle stesse ore, a 250  Km a est, gli alleati iniziavano l’attacco di sfondamento della linea Gotica, che doveva portare alla battaglia conclusiva della guerra.
Alla sera del 9 aprile il Comandante Libero parla  al popolo borgotarese radunato nella piazza del Comune.
Parole semplici  di un combattente,  si  ricordano i sacrifici di lunghi mesi  di lotta, il risultato conseguito, il premio: la libertà conquistata, per tutti, a caro prezzo, e che deve essere difesa, l’impegno a proseguire l’azione e partecipare all’insurrezione  generale.
La pioggia gelida non riesce a raffreddare l’entusiasmo e la  commozione che accomuna partigiani  e civili.
Per tutta la  valle  vengono affissi manifesti del  Comando Partigiano: si danno le prime istruzioni alla popolazione per il ripristino della normale vita civile.
Lo stesso  giorno esce il  secondo numero de <> giornale delle  Libere Valli del  Taro  e del  Ceno.
Nell’editoriale intitolato <> si  esalta il grande valore dell’unione fra tutte le  forze antifasciste su  scala nazionale ed internazionale.
L’<>, ecco lo strumento più efficace che  ha  dato ai popoli la  garanzia più forte e migliore per una riuscita vittoria della lotta  di liberazione in campo internazionale.
L’<> è il segreto della nostra vittoria, è il presupposto indispensabile su  cui  appoggia la nostra guerra di liberazione nazionale, la  ricostruzione della Patria.
Tutti uniti, al  disopra di qualsiasi ideologia politica e religiosa: Liberali, Comunisti, Democristiani, del Partito  d’Azione, per la liberazione  dell’Italia >>.
 
Tratto dal libro L’Alta Valtaro nella Resistenza
Giacomo Vietti
 
 
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