La Battaglia di Borgotaro 08 09 1945 Tratto dal libro L’Alta Valtaro nella Resistenza
9 Aprile 2014 da valerio
Tratto dal libro L’Alta Valtaro nella Resistenza
Giacomo Vietti
LA BATTAGLIAÂ DIÂ BORGOTARO -8-9 APRILE 1945
Borgotaro viene liberata il 9 aprile, alcuni giorni prima dello sfondamento alleato alla linea Gotica, in un momento in cui tutto il fronte italiano era fermo, nel corso della complessa azione che porta alla distruzione di tutte le guarnigioni tedesche e fasciste dai passi appenninici ai contrafforti della pianura.
L’inverno era durato a lungo, alle abbondanti nevicate di gennaio e febbraio erano seguite settimane di bel tempo; asciutto e freddo.
Alla fine di marzo era cominciato a piovere, i monti erano ancora ricoperti di neve.
Le incursioni aeree americane sulla linea ferroviaria continuavano giornalmente causando danni ai fabbricati e terrorizzando la popolazione.
Dai monti i partigiani partivano per le giornaliere incursioni lungo le linee di transito, quindi ritornavano ai casolari, ai villaggi per qualche giorno di riposo.
I tedeschi reagivano con qualche sporadica puntata verso le postazioni, nella speranza di sorprendere qualche partigiano; senza convinzione, al solo scopo di vendetta.
Il fronte Italiano era terribilmente fermo.
A volte anche i più fiduciosi erano colti dallo sconforto, tutto sembrava fermo ed immutabile; questa guerra sembrava che non dovesse più finire.
Unico collegamento con l’esterno era Radio Londra, che dava notizie dei movimenti alleati, soprattutto della travolgente avanzata dell’Esercito Rosso che, ai primi di marzo, arriva ai confini della Germania. A metà marzo gli anglo – americani superando le difficoltà invernali della battaglia dei Vosgi, oltrepassano il Reno.
La battaglia decisiva della campagna d’Italia, che doveva portare al crollo delle armate tedesche attestate lungo la linea Gotica, si svolge dal 10 al 20 Aprile.
In questa battaglia gli alleati avevano in campo 17 divisioni a cui aggiungevano 4 gruppi combattenti italiani, a brigate corazzate e 4 di fanteria; dalla parte tedesca combattevano 23 divisioni a cui si aggiungevano 4 fasciste.
La superiorità terra era bilanciata dalla schiacciante supremazia aerea alleata e dal fatto che delle 27 divisioni nazifascista 6 erano permanente impegnate dai partigiani del fronte interno.
Il piano d’attacco Alleato, discusso il 5 Aprile dal gen. Mac- Greevy, aveva un fondamentale obiettivo: rompere il fronte della linea Gotica, aggirare il grosso delle forze tedesche a Sud del Po ed incalzare il nemico con la rapidità necessaria a non permettergli la formazione di un’ulteriore linea di difesa a ridosso delle Alpi.
Per consentire questo obiettivo gli alleati pensano di utilizzare le formazioni partigiane in modo funzionale al loro piano coinvolgendole il alcune azioni di interesse strategico 2). È  il caso della  <>.
D’altro lato in previsione della rottura del fronte, i tedeschi avevano il preminente interesse di mantenere sgombre la vie di comunicazione per consentire alle truppe di ritirarsi ordinatamente nella valle padana: attraverso i passi appenninici che dalla riviera toscana immettevano nella pianura.
Nel contesto di questa situazione tutta l’alta Val Taro manteneva la sua fondamentale importanza strategica.
L’interruzione di una di queste vie di ritirata aggrava il carico sulle altre e le rendeva più vulnerabili, più esposte sia alle azioni di guerriglia e all’azione dei bombardamenti aerei degli Alleati.
2) In un messaggio alle forze partigiane in cui si annunciava l’inizio della battaglia finale il gen. Clark diceva <>.
P. Secchia – F.Frassati – Storia della Resistenza Vol. Ii pag. 609.
È la tipica concezione limitativa della funzione partigiana che viene tentata dagli alleati nella fase finale.
D’altro canto l’azione partigiana del mese di marzo, la falcidia delle pattuglie di collegamento tra i vari presidi, i tentativi di attacco condotto ai presidi e nello stesso tempo le difficoltà  riscontrate, rendeva matura e necessaria una grande azione decisiva.
È la grande battaglia dell’8 aprile.
Il piano coordinato dal Comando Unico parmense viene studiato e concordato con gli ufficiali alleati e discusso nei minimi particolari a Gravago, il 3 aprile, dove convengono tutti i capi partigiani.
Gli ordini circostanziati per questa operazione, che coinvolge in una unica azione contemporanea più di 1000 partigiani, vengono diramati il 6 aprile  con l’ordine n.2138 di protocollo:
<< Ordine di operazione n 4:
Viene comunicato che l’offensiva alleata del nostro fronte è imminente. In relazione a ciò, questo C.U. intende:
In un primo tempo: sviluppare un’azione a fondo contro i più importanti presidi nemici della zona, sbarrando nel contempo alcune vitali vie di comunicazione.
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In un secondo tempo effettuare lo sbarramento in tutte le possibili vie di ritirata del nemico, secondo il piano di massima già stabilito salvo le varianti che saranno appresso indicate.
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1) Azione sui presidi
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L’attacco a fondo dei presidi sarà  effettuato al mattino dell’8 aprile alle ore 4 ora legale, con azione contemporanea tendente alla eliminazione delle forze esistenti nei presidi stessi.
Quest’ultimi devono essere occupati e l’occupazione deve essere mantenuta, fino a che è possibile, salvo per i presidi contro i quali è prescritto di svolgere una semplice azione dimostrativa.
Gli obbiettivi sono stabiliti come segue:
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Iª Brigata Julia – Attaccherà ed occuperà  Borgotaro – Ostia – Roccaprebalza. Detta brigata sarà  rinforzata dal Gruppo Val Taro come riterrà più conveniente il Comando della Divisione Val taro.
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IIª Brigata Julia – Attaccherà ed occuperà  Berceto, inoltre sbarrerà con armi automatiche e con mine le provenienze di Roccabrebalza verso Berceto.
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135ª Brigata GARIBALDI <> – Attaccherà ed occuperà il presidi di  Valmozzola e Ghiare di Berceto.
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31ª Brigata COPELLI e FORNI – Attaccheranno ed occuperanno i presidi di  Solignano , Citerna, Selva del Bocchetto, Salsomaggiore e Miano.
Eseguirà altresì un’azione dimostrativa contro il presidio di Noceto ed eventuali presidi della zona. Il Comando Divisione ripartirà gli obiettivi fra le due dette brigate
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Divisione Cisa – Attaccherà il presidio del Passo della Cisa, nonché quelli lungo il tronco ferroviario Pontremoli – Guinadi. Eseguirà altresì una azione dimostrativa contro il presidio di Pontremoli.
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II ) Sbarramento delle strade
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Nella notte fra il 7 e 8 aprile.
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La 32ª Brigata Garibaldi sbarrerà la strada proveniente dal Bocco scaglionando in profondità le armi pesanti.
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La Centocroci sbarrerà in modo analogo la strada Centocroci.
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La Divisione Cisa sbarrerà la strada della Cisa, da Pontremoli al passo. Inoltre bloccherà la galleria del Borgallo – accesso sud predisponendo le mine per la interruzione, che sarà effettuata soltanto nel caso che la zona debba essere abbandonata.
Lungo le strade indicate sarà provveduto, secondo le possibilità , alla posa delle mine.
Tenendo presente che i campi minati devono essere sorvegliati ed efficacemente battuti da armi automatiche.
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III) Operazioni successive
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Dopo aver effettuato le operazioni contro i presidi, le operazioni si svilupperanno come segue:
– sarà mantenuta, finché possibile, l’occupazione dei presidi che sono stati eliminati.- verranno sbarrate tutte le strade sulle quali potrà verificarsi la ritirata nemica, secondo le direttrici generali dell’ordine di operazione n 1, tenendo conto inoltre che la II Brigata Julia dovrà anche agire sul tratto di strada Nazionale Passo della Cisa – Poggio di berceto.
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– la 135ª Brigata Garibaldi, dopo aver occupato i presidi di Valmozzola e di Ghiare , li consegnerà alla I Brigata Garibaldi e rientrerà nella propria zona per effettuare le azioni di guerriglia lungo le vie di ritirata indicate nel citato ordine n 2102.
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IV) Collegamenti
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Dall’inizio delle operazioni i comandi di Divisione stabiliranno un più stretto collegamento con questo Comando Unico e perfezioneranno i collegamenti con le proprie Brigate .
Saranno subito comunicate a questo C.U. le località dove il Comando di Divisione e tutti i comandi di brigata stabiliranno la loro sede tattica.
La sede tattica di questo C.U. sarà trasferita per le ore 21 del giorno 7 aprile a mariano di Valmozzola.
Tutte le comunicazioni dirette a questo C.U. dovranno essere avviate al Castello di mariano dove per la stessa ora, funzionerà un nuovo centro di collegamento del C.U.
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Il Comandante del C.U.                              Il Capo di S.M.
                                             ARTA                                                OTTAVIO
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Di fronte a questo documento, che delinea la più complessa azione militare delle nostre formazioni partigiane, documento studiato e preparato da militari professione, con l’ausilio di consulenti alleati, viene spontaneo cercarne un significato politico ricollegando alle precedenti vicende e cercare un collegamento, un filo logico, che lo unisce agli avvenimenti di un anno prima.
Il documento dimostra che in poco più di un anno il movimento partigiano si è trasformato in un vero e proprio esercito, che si muove con la logica e la tecnica tipica degli eserciti regolari.
Ma per scoprire un significato diverso bisogna confrontare questo documento con le prime azioni spontanee, improvvisate da piccoli gruppi di ribelli: Fermo Ognibene, a Borgotaro il 17 febbraio’44, il gruppo Penna a Santa Maria il 23 febbraio, il Centocroci sul passo omonimo l’8 Marzo, Betti a valmozzola il 12 Marzo.
Azioni improvvisate, slegate le une dalle altre, fatte da gruppi diversi per provenienza, per motivazioni, piccoli e occasionali eventi sparsi nel nostro territorio.
Ma quelle azioni, l’eroismo di quei pochi combattenti, la lucidità politica di chi la perseguito con tenacia la difficile strada della lotta armata, hanno conseguito il risultato di aggregare ai piccoli nuclei, il grande esercito ora in campo che ribaltando la situazione politica e militare, attacca frontalmente i tedeschi nel loro stesso campo.
Ma il documento può anche essere valutato come una grande vittoria politica della resistenza Italiana, se si pensa che viene elaborato con la consulenza di ufficiali alleati, appositamente inviati dai loro comandi, colleghi di quegli stessi ufficiali che a Chiesa Bianca di Bardi alla fine di settembre del’43 avevano rifiutato la loro collaborazione.
Dal punto di vista militare il documento precisa inequivocabilmente due obbiettivi strettamente connessi e funzionali l’uno all’altro. Eliminare completamente i presidi di della Val Taro da Fornovo ai passi appenninici ed in tutto l’alto pontremolese a monte del capoluogo della Lunigiana, sbarrare la via di transito della Nazionale della Cisa impedendo, da questa via, la ritirata delle divisioni tedesche dal fronte tirrenico.
La interconnessione tra i due obiettivi è evidente: solo eliminando le difese tedesche alle spalle della Cisa, questa poteva essere interrotta.
Nella Valle del Taro, la sera del7 aprile, tutte le formazioni partigiane sono pronte nelle rispettive posizioni di attacco, raggiunte con marce forzate attraverso i sentieri nascosti, per non destare sospetti e conseguire con la sorpresa una più facile vittoria.
Ogni comandante di brigata ha predisposto particolareggiati piani operativi per conseguire i compiti assegnatigli.
Durante la notte i vari distaccamenti prendono posizione in modo da accerchiare le guarnigioni, vengono approntate le postazioni delle armi pesanti: mortai e mitragliatrici, in modo da colpire nella prima fase le casematte dentro le quali sono asserragliati i tedeschi, smantellare le difese esterne: nidi di mitragliatrici e campi minati, e coprire poi le azioni di assalto nella fase finale.
La grande azione ha inizio all’alba dell’8.
Il tempo è pessimo: continui scrosci di pioggia resa ancora più fastidiosa da un forte vento gelido.
Nella notte sui monti era caduta la neve.
Il Comando della Divisione Val taro è posto a Belforte dove il comandante Umberto e il Commissario Severino organizzano i collegamenti con le diverse formazioni al loro comando, ed una infermeria per soccorrere i primi feriti.
Il Comando della Divisione Cisa è alla Cervara.
Non tutti gli obiettivi stabiliti nel piano verranno raggiunti.
Erano certamente ambiziosi: si voleva liberare la Val Taro e l’alto pontremolese e contemporaneamente interrompere la Nazionale tra Berceto e Pontremoli.
Il primo obiettivo verrà pienamente raggiunto, nonostante la disperata difesa di tutte le guarnigioni tedesche appoggiate da tentativi di aiuto esterno proveniente da Pontremoli, Fornovo e Cassio.
Su questi ultimi due presidi sarebbe stato opportuno compiere azioni dimostrative – questa era una proposta del Comando della Divisione Val ceno – per facilitare le azioni sugli obiettivi fondamentali.
I compiti fondamentali assegnati alla II Brigata Julia ed alle Brigate Beretta non vengono invece conseguiti.
I presidi di berceto e del Paso della Cisa non vengono attaccati, cosicché, il mancato blocco della Nazionale, attraverso la quale nell’ultima settimana del mese affluiranno a Fornovo le forze tedesche del fronte tirrenico, farà maturare la necessità di una seconda battaglia: della Sacca di Fornovo.
Le Brigate Beretta realizzeranno invece gli obiettivi di conquistare i presidi di Grondola e Guinadi e tutti i caselli della ferrovia nel tratto Borgotaro – Pontremoli: n. 66, 69, 70, 73,
Tutti ubicati presso l’imboccatura della galleria e circondati da campi minati. Le postazioni vengono fatte saltare con potenti cariche di esplosivo e gli occupanti vengono tutti uccisi o fatti prigionieri.
Inoltre, reparti conducano con una azione dimostrativa alla periferia di Pontremoli impegnando le forze tedesche uscite dalla guarnigione e riuscendo il 9 a distruggere due camions di una autocolonna tedesca catturando un ingente quantità di viveri.
Nel corso di questi combattimenti muoiono i partigiani: Brini Giuseppe <>, Ghelfi Giovanni <>, Polesi Pietro <>.
Mentre le Brigate della Divisione Val ceno attaccano i presidi di Mustarolo, valmozzola, Salsomaggiore, Miano e Noceto, a Ghiare di berceto attacca la II Brigata Julia.
I caselli e le guarnigioni tedesche vengono eliminate ed i tedeschi rifugiatasi nelle gallerie vengono alla fine snidati e fatti prigionieri.
Un piccolo gruppo di questi, tuttavia, condotti a Lozzola, approfittando di un momento di distrazione della guardia, si impadroniscono di armi lasciate incostudite e fuggono sparando.
Viene ferito gravemente Gliceno Boldrini <> che condotto al pronto soccorso di Belforte viene miracolosamente strappato alla morte dal dott. Prussia.
Il Gruppo d’ Azione Val Taro attacca il presidio di Roccamurata trincerato in due fabbricati e due caselli distanti duecento metri.
In cinque ore di combattimento i patrioti borgotaresi espugnano d’assalto l’intera guarnigione; difesa da postazioni di mitragliatrici esterne e circondata da campi minati. È il primo presidio della giornata a cadere, i prigionieri sono sessanta.
Per il resto della giornata i patrioti sono impegnati a caricare armi ed esplosivi dai vagoni ferroviari fermi lungo la ferrovia.
Finito il lavoro i partigiani si dispongono alla destra del taro.
Più lungo è difficile l’attacco ad Ostia della Centocroci.
I tedeschi sono asserragliati in un gruppo di case collegate da muri di difesa che costituiscono nel loro insieme un poderoso fortilizio.
All’esterno del paese, trincerate postazioni di mitragliatrice sono a difesa della guarnigione.
I partigiani attaccano dalla destra e dalla sinistra del Taro.
Ostia è circondata,i partigiani partono all’attacco partendo da Baselica, e da Tiedoli, e da Belforte.
Si inizia con un intenso  bombardamento di mortai, quindi si eliminano le postazioni esterne di mitragliatrici, alla fine si inizia l’assalto.
I tedeschi si difendono disperatamente fino a tarda sera e nei tentativi di assalto cadono i partigiani Rovella Luigi e Susani Giorgio.
Ad uno ad uno, colpiti dai mortai, i fortini dei tedeschi crollano seppellendo i difensori , ma i difensori difendono le macerie.
Il Maggiore Umberto, vista l’accanita difesa dei tedeschi, consiglia di rinviare l’all’indomani l’attacco finale.
Ma Richetto ha fretta, erano corse voci di un contrattacco tedesco , proveniente da Berceto. Riorganizza i suoi uomini e da l’ordine di assalto.
Si occupano i primi fortini mentre dalla sinistra del Taro arrivano gli assalitori che attraversano il ponte di Magrano incuranti dell’intenso fuoco dei difensori.
Il combattimento si svolge ormai all’interno dei fortilizi nemici, fra le macerie, con bombe a mano.
A tarda sera il comando tedesco si arrende con una sessantina di soldati. Di notte gli uomini di Beretta si ritirano lasciando alla II Julia il compito di presidiare la zona e rastrellare le case.
Alla sera dell8 aprile tutte le guarnigioni da Ghiare di Berceto e Ostia sono occupate. Durante la notte tuttavia, una colonna tedesca al comando di un capitano, parte da berceto, elude la sorveglianza partigiana e riesce inspiegabilmente a raggiungere Ostia ingrossata da superstiti e fuggiaschi dei combattimenti della giornata.
Alla mattina del 9 a Ostia i tedeschi sorprendono un distaccamento  della II Julia: Barbieri Luigi <> viene ucciso, Bertinelli Giovanni <>, ferito mortalmente morirà qualche giorno dopo.
La sorpresa è completa ma dopo il primo smarrimento i partigiani organizzano la difesa e riescono a respingere i tedeschi che si ritirano verso berceto.
A Roccamurata, sulla via del ritorno, sono avvisati dagli uomini di Dragotte che intervengono prontamente; i tedeschi vengono circondati ed inizia un combattimento. Dopo i primi morti i tedeschi si arrendono.
La 32ª Brigata Garibaldi Monte Penna procede al blocco della carrozzabile del Bocco e stringe d’assedio il forte presidio del passo difeso dagli Alpini della Monte Rosa.
I combattimenti si protraggono per tre giorni: i difensori sono asserragliati nel loro fortilizio posto in posizione dominante e circondata da campi minati si difendono accanitamente e pur essendo battuti dai mortai e dalle mitragliatrici dei partigiani impediscono loro di avvicinarsi. Anzi, la mattina del 10, riescono a compiere una sortita facendosi largo tra le file dei partigiani e giungendo fino a Giaiette dove tentano di far saltare con l’esplosivo un tratto di strada.
Un contrattacco dei partigiani infine li respinge all’interno del loro fortilizio.
 Al pomeriggio, più intenso riprende l’attacco partigiano; i mortai colpiscono i fabbricati, vengono smantellate le difese dei campi minati e quindi alla fine viene colpito un deposito di munizioni l’esplosione del quale distrugge l’intero fabbricato mentre il bosco intorno prende fuoco.
Vista così ogni vana difesa, gli alpini abbandonano il passo e fuggono verso Chiavari.
Il giorno 11 un distaccamento della 32ª si spinge sulla strada Borzonasca – Borgonovo – attacca una colonna di alpini che si sta ritirando al passo della Forcella.
Quindi, il 12, si spinge di nuovo verso Borgotaro i cui presidi vengono attaccati da colpi di mortaio e mitraglie: tutta la strada del Bocco viene così bloccata sia nel versante parmense che nel versante genovese.
La prima Brigata Julia rafforzata da un distaccamento della II Brigata Julia al comando di Vampa, attacca i 4 caselli n 60, 61, 62, 63 sul tratto della linea ferroviaria tra Borgotaro e Ostia ed il presidio tedesco di Borgotaro.
L’ ordine d’operazione del Comandante Libero n° 880 per l’eliminazione del presidio di Borgotaro, viene emanato la sera del 7 Aprile e prevede compiti operativi particolareggiati per tutti i sette distaccamenti.
Asserragliati nel Palazzo Ostacchini, nella casa Beccarelli , nella stazione ferroviaria, dentro la galleria del Borgallo, fra le cataste del legname della F.N.E.T. i tedeschi si difendono accanitamente tutto il giorno. Nei primi attacchi viene ferito gravemente Cacchioli Domenico <> che morirà due giorni dopo.
Le armi pesanti : mitragliatrici e mortai sono piazzati sulla fabbrica del cemento, sul Castello, sopra la cascata del canale della Centrale, Casa Botti, mentre i partigiani portano gli assalti partendo dal cimitero,dal molino dell’ Aglio, da Casa Botti.
Alla sera, dopo vari tentativi d’assalto, si tenta di far esplodere il Palazzo del Comando con una carica di dinamite : la carica viene piazzata ma non esplode.
Durante la notte i tedeschi sono assediati ed alla mattina i primi due caselli ferroviari 62 e 64 si arrendono.
Il Palazzo Ostacchini viene espugnato in tarda mattinata dopo un ennesimo assalto e dopo che esplode la seconda carica piazzata da tre ardimentosi ribelli: Napoli, Ailù e Rosetta.
Ormai qualche soldato tedesco aveva cominciato individualmente ad abbandonare la sua posizione e si era arreso ai partigiani. Qualcuno, addirittura, nel tentativo di arrendersi individualmente era stato ucciso da un maresciallo delle S.S. che si ostinava alla resistenza contro la volontà dello stesso comandante del presidio. I partigiani irrompono nel palazzo da tanti mesi sede del comando tedesco.
È Gino Del maestro che ci fa rivivere quell’ indimenticabile momento : Libero,Rosetta Solari, Ailù Corrado, Lino, Bomba,Pio ed io fummo i primi ad entrare nel Palazzo. Il tenente stava scendendo le scale; si staccò il cinturone con la rivoltella e la consegnò ad Ailù. Il Comandante Libero fece scendere tutti i prigionieri, li mise in fila lungo la strada e li portò verso la stazione.
Segue poi un rastrellamento alla stazione, nella galleria ed alla F.N.E.T. dove i tedeschi, circondati , ad uno ad uno, si arrendono. In totale i tedeschi catturati sono un centinaio, ingente il bottino bellico: dentro la galleria del Borgallo vengono rinvenuti 900 quintali d’esplosivo, ed un enorme quantitativo di viveri e vestiario. Presumibilmente l’ esplosivo dove servire per far saltare l’ Arsenale di La Spezia ed alla fine della guerra, rimasto incostudito, sarà la causa di una grossa tragedia.
Liberata la Valle, rastrellata tutta la zona, e fatti prigionieri gli ultimi tedeschi nascosti nelle cantine delle case, le formazioni partigiane si spostano per difendere l’accesso da possibili incursioni nemiche.
La I e la II Brigata Julia con il Gruppo d’ Azione Val Taro si spostano lungo la destra del taro per difendere la Valle da attacchi provenienti da berceto e dalla Cisa.
La Divisione Cisa controlla tutto l’alto Pontremolese, mentre le Brigate Centocroci e i distaccamenti della 32ª Brigata Garibaldi difendono i passi del Centocroci e del Bocco.
Nonostante la grande vittoria conseguita, alcuni episodi, il mancato blocco della nazionale, l’infiltrazione tedesca dell’8 aprile, lascia uno strascico di polemiche.
Vengono rilevate debolezze e carenze nel coordinamento e nel collegamento ma è soprattutto la mancata vigilanza sulla strada che da Berceto scende a Borgotaro e che ha permesso l’infiltrazione dei tedeschi fino ad Ostia, con il relativo bilancio di morti che accende la discussione.
È il comando della Divisione Val Taro che viene coinvolto insieme al Comando della II Brigata Julia.
Il, 22 aprile, dopo qualche giorno di polemica fra i comandanti partigiani, a Gravago, dove aveva posto il Comando Unico, si decidono mutamenti ai vertici delle formazioni.
Il Maggiore Umberto sostituito da Richetto al Comando della Divisione ritorna al Comando della II Brigata Julia dove vengono destituiti il Comandante Bazzan ed il vice comandante Piero Pelizzari.
Come viene definita da Roberto Battaglia, la <> si conclude con la liberazione della Val Taro dal Passo del Bocco ai contrafforti della pianura: oltre 500 sono i prigionieri tedeschi e fascisti e questa sola cifra dà le dimensioni della guerra.
In quelle stesse ore, a 250 Km a est, gli alleati iniziavano l’attacco di sfondamento della linea Gotica, che doveva portare alla battaglia conclusiva della guerra.
Alla sera del 9 aprile il Comandante Libero parla al popolo borgotarese radunato nella piazza del Comune.
Parole semplici di un combattente, si ricordano i sacrifici di lunghi mesi di lotta, il risultato conseguito, il premio: la libertà conquistata, per tutti, a caro prezzo, e che deve essere difesa, l’impegno a proseguire l’azione e partecipare all’insurrezione generale.
La pioggia gelida non riesce a raffreddare l’entusiasmo e la commozione che accomuna partigiani e civili.
Per tutta la valle vengono affissi manifesti del Comando Partigiano: si danno le prime istruzioni alla popolazione per il ripristino della normale vita civile.
Lo stesso giorno esce il secondo numero de <> giornale delle Libere Valli del Taro e del Ceno.
Nell’editoriale intitolato <> si esalta il grande valore dell’unione fra tutte le forze antifasciste su scala nazionale ed internazionale.
L’<>, ecco lo strumento più efficace che ha dato ai popoli la garanzia più forte e migliore per una riuscita vittoria della lotta di liberazione in campo internazionale.
L’<> è il segreto della nostra vittoria, è il presupposto indispensabile su cui appoggia la nostra guerra di liberazione nazionale, la ricostruzione della Patria.
Tutti uniti, al disopra di qualsiasi ideologia politica e religiosa: Liberali, Comunisti, Democristiani, del Partito d’Azione, per la liberazione dell’Italia >>.
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Tratto dal libro L’Alta Valtaro nella Resistenza
Giacomo Vietti
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