Una bella signora vestita di rose ci guarda da oltre le Alpi ed ogni giorno ci propina qualcosa di nuovo, di buono o di brutto secondo le soggettive interpretazioni che il nostro cuore ci detta…..una fata? Una strega? Una buon’amica??? Il suo lungo abito termina laggiù dove, tra le onde del mar Mediterraneo, uno stivale dal nome Italia, si intravede sotto il suo meraviglioso vestito rosato…Ha nome Europa e tanti sono i momenti difficili che abbiamo superato con lei al fianco… Si è vero…

Quando nella casa di fronte, arrivavano i signori di una villetta liberty di Via Libertà, era tutta una festa…Da un innominato piazzale, che le stava di fronte e, a quei tempi, viveva i suoi momenti di gloria, vestiti sgargianti, colori pastello, si vedevano volteggiare nell’aria. Tessuti leggeri e belle fantasie fiorate. Arrivavano dall’Inghilterra per trascorrere l’estate con quella parte della famiglia che rimaneva al nostro borgo, con l’ intento di finire gli studi liceali, per poi raggiungere Londra in avvenire…Il loro arrivo era motivo di gioia per tutti noi che eravamo i loro vicini di casa. Ci facevano parte delle loro tradizioni acquisite oltre le Alpi… Alle cinque, in quella casa, veniva servito l’immancabile tè all’inglese in belle tazzine di Limoges, mentre lo stile Liberty, di moda in quel periodo, era riprodotto su di un vassoio d’argento che conteneva buonissimi biscotti.
Ma non solo…ogni volta che tornavano, venivamo omaggiati di squisito cioccolato inglese.
L’estate trascorreva in fretta e al sopraggiungere dell’inverno, i signori ripartivano per Londra e a me e alla loro figlia, da tempo la mia amica del cuore, non rimaneva che fantasticare di quel mondo magico che era il regno della regina Elisabetta….per noi, bambine, una bella favola inglese….Sì, in quella grande famiglia, erano cinque fratelli di cui i più grandi partivano insieme ai genitori, gli altri insieme a una governante, rimanevano in Italia. Ormai era un rito che si ripeteva ogni anno…
Ma lei… la sua favola… come tutti i bambini, avrebbe voluto viverla sì ma…là, con la sua mamma, oltre quella barriera naturale che erano le nostre Alpi e dove in tanti andavano per raggiungere l’Europa, in cerca di quella stabilità economica, che da noi non trovavano. E così partivano ed erano in molti, speranzosi che le nazioni europee tendessero loro quella mano, di cui avevano tanto bisogno…Per questo a me piace vederle come chi, un giorno lontano, ha accolto i nostri emigranti ed ha permesso loro, che avessero quella sicurezza lavorativa che al nostro paese, in quei momenti bui della storia, non avevano. In questo modo, spinti dal desiderio di dare un futuro alle loro famiglie, che versavano nella povertà e nella miseria, si avventurarono in altri luoghi, in altre città, in altre nazioni….Era…. la nostra realtà italiana di fine ottocento…Alcuni di noi, più intraprendenti di altri, rimasero nella nostra vallata e riuscirono anche ad offrire lavoro a chi era dispiaciuto di lasciare quelle terre. Salvarono dalla partenza molte famiglie accogliendole in quelle aziende artigiane, che a quei tempi stavano nascendo. Ma tutto ciò non bastò e in tanti ci lasciarono, pur portandosi nel cuore terre, case ed origini. Erano i primi anni del secolo scorso. Se ne andarono … altri li seguirono. Divenne un po’ una tradizione che, pur avendo visto la nascita tempo fa, ancora oggi, se pur in altre dimensioni, esiste e ancora si parte all’avventura. Sconfinarono un po’ dappertutto nel mondo…li accolse l’Inghilterra, la Francia, la Germania, il Belgio, addirittura le Americhe ed il Sud Africa…le stesse città italiane che iniziavano allora a crescere di industrie importanti. E c’è chi di loro ha fatto delle nazioni Europee, la sua seconda patria pur tornando tra noi, nel nostro piccolo e modesto borgo, ogni volta le occasioni glielo permettevano. E’ così che, durante l’estate il Borgo, ancora ora, si riempie di loro, le cose si animano e si torna a vivere il tempo che fu…si vive al mercato rionale, e, un po’…. sognando… si vive in quel piazzale che ancora mantiene l’anonimato in Via Libertà nei pressi della Stazione Ferroviaria …Ai tempi del primo novecento, ricordano, lì c’era un’azienda di materiale edilizio… Un luogo un po’ speciale: non era la normale rivendita del classico mattone e del cemento per murare, ma lì abitava una persona che, con fare artigiano, riproduceva oggetti per rendere belle le ville liberty che, ai primi del novecento, hanno cambiato l’aspetto del paese. La sua fama si sparse a macchia d’olio per tutta la vallata e le valli circostanti,fu come un meraviglioso eco che si sentiva risuonare nell’aria fin oltre il confine italiano …. Lui sapeva riprodurre ogni cosa in marmo o cemento e strabiliava tutti per la rispondenza al vero di quanto usciva dalle sue mani…una sua specialità erano le pigne gettonatissime dall’emigrante perché, se vogliamo, erano simbolo di quei boschi, dei suoi boschi. Ed era proprio là, tra quei monti, che loro ritornavano e con queste bellissime sculture in cemento, rendevano immortali quei luoghi: non c’è paese in Val Taro che non ne contenga almeno un paio sui pilastri delle cancellate delle belle ville da loro costruite. Pigne…ma non solo…anche altre belle decorazioni adornavano le loro facciate. Le sue mani, erano quelle di un’artista che sapeva creare e progettare sempre nuove cose, trovare giusta soluzione e decoro per ogni occasione. Il terrazzo di una villa in una via del nostro ‘Borgo’, ad esempio, porta raffigurante un bel sagittario … segno zodiacale o… forse questi, il proprietario, dico… era un grande amante della caccia????? Arguto…bravo conoscitore della mitologia sapeva dare un senso a molte cose e con esse sotto sotto intendeva spesso lasciare a chi sarebbe stato dopo di lui, un messaggio di storia e di usi e costumi del suo paese. Le nuove teorie positivistiche del primo novecento, rivoluzionarono un po’ tutti i campi del nostro sapere…anche l’arte ne fu fortemente interessata. Si fece strada un mondo dove, insieme al neoclassicismo ottocentesco che tentavamo di lasciarci alle spalle, gli artisti dell’epoca erano un po’ simbolisti, un po’ futuristi, ma molto più realisti e naturalisti. Ecco sì…la natura appunto era il suo mondo e la sua arte assumeva, giusto insieme al gusto classico di una colonna o di una balaustra o di un bel ritratto, l’aspetto di ciò che la natura gli offriva nel mondo magico della sua Borgo Taro che, insieme all’emigrante valtarese, iniziò ad ornare, ritraendo il mondo naturale che colpiva spesso il suo occhio di grande osservatore…Per lui era diventato un bel gioco. Ecco sorgere in qua e in là una foglia d’edera in marmo o cemento,una ghianda..un giaggiolo, una margherita, ma insieme lavorare anche per le chiese e per i cimiteri ritraendo volti di Maria e altro, molto altro. Anche l’aspetto simbolico della mitologia, caratterizzavano questo personaggio che lo riproduceva in belle fontane con zampillo che abbellivano la sua valle. Il Piazzale, dove lui aveva il suo laboratorio, nel suo silenzio, ci porta lontano nel tempo,dove operai al lavoro cambiavano l’aspetto della Val Taro e, producendo preziosi arredi in cemento, l’ arricchivano di arte e di storia… Un passato glorioso se si vuole, che con orgoglio vede nascere i monumenti più belli e significativi spesso realizzati con il sostegno dell’emigrante, che dall’Europa, ma, se vogliamo dal mondo tutto, proiettava il suo occhio vigile sulle necessità e le esigenze di cui, la comunità valtarese, avesse avuto bisogno. Ora è solo un vasto parcheggio, ma si sente parte di Europa e ne va fiero. Dal suo grande cancello, un giorno lontano, entrava l’emigrante valtarese, che non ha mai dimenticato la sua terra e, tornando, ha sempre dato molto ad essa..
..E così un bel giorno, con la sua valigia di cartone, se ne è andato. Il viaggio non è stato facile nemmeno, l’inserimento nelle nuove terre, ma da molto tempo ormai ne fa parte e in questo modo, tutti uniti da quel luogo magico, italo-europei, arrivano e ricordano….Per più di un secolo, inconsciamente, anche lui è stato un tratto di unione tra il Borgo, l’Italia e l’Europa. Ormai uniti da un solo filo conduttore, per noi è facile considerare il continente europeo, un grande fratello che ci possa sostenere nelle difficoltà…. lo è ora ma…tutto sommato lo è sempre stato…E’ passato molto tempo dal momento in cui, uno di noi, col fagotto in mano, è partito in giro per il mondo in cerca di fortuna…..ma non ha mai dimenticato la madre terra e ogni anno durante il periodo estivo torna al ‘paesello’. Si… ‘Europei’ che ritornano…Li troviamo spesso per le strade del Borgo, molti non sono più, ma arrivano figli e nipoti a godersi di quel che i padri hanno saputo fare per loro. Brilla in paese un sole diverso, quello dell’amore che sono riusciti a trasmettere per quei luoghi, riaprono sul mondo le finestre delle loro ville, un brulichio di voci, di saluti, di abbracci, dove le lingue si intrecciano, dove l’allegria, che torna tra quegli incontri attesi un lungo anno, riempie il paese. Inglese.. francese… tedesco… Il paese si ripopola di voci nuove, di tanta allegria, di voglia di fare per intrattenere i nostri che vengono da lontano e si mescolano in mezzo a noi…si festeggia il loro ritorno, ci si unisce a loro, i ricordi s’intrecciano e diventa viva la vita di un tempo. Le sagre di paese si animano, un’unica lingua ci unisce: è il dialetto valtarese che loro, non hanno mai dimenticato e rimane vivo sempre anche quando, lontano, tra le mura domestiche, parlano tra loro. Ci parlano e ci portano le loro tradizioni ..non importa se inglesi o francesi o…ma quel che importa è che siamo lì tutti insieme e tra una bella cioccolata francese e un buon tè inglese ci sentiamo tutti uniti in un unico afflato: Europa. Londra, Parigi.. e …molto altro… ci si incontra e si ricordano i tempi passati al mercato rionale ma c’è, tra i loro ricordi, anche ‘Tajavèin’ alla stazione, dove andavano per ridare decoro alle loro vecchie case, spesso anche trasformandole in ville…alle chiese dei loro paesi, alle piazze: una bella fontana, una decorazione per una casa, un monumento ai caduti della guerra…. C’è anche chi decide di rimanere in quei luoghi e allora trasforma qualche vecchia trattoria di famiglia, in bellissimi ristoranti con albergo, in modo da offrire un bell’incremento al turismo locale. Ho voluto con questo, ricordare, chi ancora vive in mezzo a noi nel ricordo di una vita di sacrificio, di cui ha voluto farne parte, cercando di rendere bella la propria vallata e il proprio paese, collaborandone al mantenimento e allo sviluppo insieme a chi aveva le doti e le opportunità per mettere a frutto le sue capacità artistiche e realizzare tutto ciò che ridente la vallata ancora ci restituisce.