Teatranti Silvano Ottonari

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Teatranti Silvano Ottonari
Alla sinistra della chiesa di Sant’Antonino, vi erano i ruderi di un antico castello che, con il castello di Compiano, di Solignano, di Varano di Melegari e la fortezza di Bardi, faceva parte del sistema difensivo del principato dei Landi che durò oltre quatro secoli. Non era possibile il recupero della struttura o forse mancavano i soldi per poterlo recuperare o era più facile abbattere che ristrutturare dato che la cultura della memoria non aveva molto albergo in quel tempo. Ma la ragione prima, forse, era perchè vi erano priorità più urgenti.
Di fianco ai ruderi del castello, c’ era un largo piazzale che veniva di volta in volta, utilizzato da circhi o giostre alla varie feste della valle ed in particolare alla festa della Madonna del Carmine. In un giorno d’estate d’ inizio anni 50, avrò avuto 10 anni forse meno o poco più, il piazzale venne occupato da diversi carrozzoni di teatranti girovaghi. Era una compagnia di attori meridionali che girava l’Italia portando un scena commedie varie. Non c’era tendone: tutto era all’aperto e se pioveva, non c’era recita.
Mentre alcune persone erano adibite a montare la struttura teatrale, altre andava in giro per il paese a far propaganda per gli spettacoli che sarebbero stati rappresentati nel far di pochi giorni. Montarono una impalcatura a semicerchio su tre livelli e per sedili assi di legno e in “platea” avevano steso diverse fila di sedie. C’era posto per circa 200 persone. Il palco dove recitavano gli attori era ricavato tra due carrozzoni, uno dei quali fungeva da camerino per il cambio di custume dei teatranti.
Benchè la guerra fosse finita da alcuni anni, le paure e le angosce non erano del tutto scomparse nelle genti della valle. Chi ancora sperava nel ritorno del figlio o del marito disperso chissà dove e chi cercava di dimenticare quello che aveva passato. Molte persone erano ancora fragili emotivamente e bastava un nonnulla perchè la commozione prendesse il sopravvento.
Alcuni mesi prima, fu proiettato al cinema Farnese il film “I Figli di Nessuno”, drammone sentimentale con lei, lui e l’altro: lei onestissima, lui orgoglioso, l’altro carogna. Calunnia, condanna, sofferenza e infine trionfo della verità anche se amara. Andavano di moda, in quel tempo, drammi simili: Catene, Tormento interpretati dall’attore Amedeo Nazzari e dall’attrice Yvonne Sanson; immaginate il pubblico vociante nei cinema di allora, i singhiozzi, la partecipazione emotiva agli avvenimenti sullo schermo. La scena in cui un reduce di guerra (era recitato, credo, da Beniamino Gigli) tornando dalla prigionia chiede un passaggio ad un autista che guida un camioncino ed una volta sedutosi sul cassone inizia a cantare “Mamma”, (Mamma son tanto felice, perchè ritorna da te………) la commozione ebbe il sopravvento: tutte, ma proprio tutte, le persone presenti nel cinema, che era strapieno, cominciarono a piangere, a tirar su e soffiarsi il naso. Il pianto andò avanti per tutta la durata del film.
Il dramma presentato la prima sera di recita fu “le due Orfanelle” ma prima dell’inizio dello spettacolo e per tutti gli spettacoli a seguire, c’era un risvolto commerciale (consigli per gli acquisti, direbbe qualcuno). Oltre al biglietto di entrata di un centinaio di lire, militari e ragazzi ridotto, i teatranti avevano organizzato una lotteria per tutte le serate in cui recitavano. In palio c’era una bellissima bambola, alta circa 50 cm, con un vestito favoloso fatto di tulle e pizzo. Tutte le ragazze e non solo loro, erano affascinate da quelle bambole ed ogni sera ce ne era una in palio. Erano bambole veramente belle e credo che qualcuna faccia bella mostra di se in qualche famiglia del paese.
Erano cento i biglietti da vendere, costavano 100 lire se ricordo bene, e sino a che i biglietti non erano tutti venduti, lo spettacolo non iniziava. Accadeva che lo spettacolo poteva iniziare con oltre mezz’ora di ritardo e questo ritardo dipendeva della vendita, più o meno rapida, dei biglietti della lotteria. Venduti che fossero i biglietti, procedevano all’estrazione, la bambola veniva aggiudicata e poteva cosi cominciare lo spettacolo.
Le due Orfanelle: Tratto da un dramma teatrale di metà 800, è la dolorosa storia di due sorelle orfane che, giunte a Parigi verso la fine del 1700, tiranneggiate e sfruttate da una donna alla quale prestavano servizio, vengono separate. Si ritrovano, rischiano la ghigliottina, sono salvate grazie alla rivoluzione francese.
Anche qui, come nel film “I Figli di Nessuno” ci sono situazione di fortissimo impatto emotivo; di conseguenza si piangeva, oh come si piangeva, e non fini lì! Le due Orfanelle fu rappresentato per una settimana circa e sempre con il pienone.
Un altro spettacolo presentato fu “La cieca di Sorrento”. Altro drammone fatto per far piangere: un paio di delinquenti uccidono una nobildonna per derubarla dei gioielli. Una bambina, che dormiva accanto alla nobildonna, per la terribile impressione, diviene cieca. Quindici anni dopo, il figlio di uno dei delinquenti, che grazie al ricavato della rapina fatta dal padre, studia e diventa medico famoso, propone alla famiglia della nobile uccisa, di risanare la cieca in cambio della sua mano. Il giorno delle nozze, il padre della cieca, s’accorge che l’anello donato alla figlia dal medico, non è altro che l’anello trafugato a sua moglie quindici anni prima.
Insomma: in ambedue gli spettacoli c’era amore, gelosia, passione, odio, tradimento, pentimento, redenzione e chi più ne ha più ne metta! Un bel calderone di sentimenti, da far piangere anche i sassi!
Furono recitate altre commedie ma non ricordo i titoli; forse perchè non si piangeva a sufficienza come le commedie precedenti. Rimasero per un mese circa. Ad essere cattivi si potrebbe pensare che siano rimasti finchè avevano bambole da vendere.
I teatranti se ne andarono, non tornarono più. Per diverso tempo non si parlò d’altro. Era un modo come un altro per dimenticare paure ed angosce.